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Alla ricerca delle talpe di Messina Denaro: “È chiaro che pezzi dello Stato lo hanno aiutato”

Il procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia conferma che le indagini sul boss Matteo Messina Denaro sono tutt’altro che chiuse e che gli inquirenti sono alla ricerca di “talpe“. L’esponente di Cosa nostra, infatti, secondo il procuratore “ha potuto contare, nel tempo, su una rete di protezione“.

Una rete che andava ben oltre le numerose amanti e il prestanome Andrea Bonafede, condannato proprio negli scorsi giorni per aver prestato l’identità al boss nel corso della latitanza.

Alla ricerca delle talpe di Messina Denaro

“Quelli che proteggevano Messina Denaro 30 anni fa non sono quelli che lo hanno protetto fino al giorno della sua cattura, o quasi”. A parlare – in un’intervista per Adnkronos a cura di Elvira Terranova – è il Procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia, che coordina l’inchiesta sui favoreggiatori del boss mafioso arrestato il 16 gennaio 2023 e morto nel settembre scorso per un tumore. Per il procuratore De Lucia: “è chiaro che ci sono pezzi dello Stato che lo hanno aiutato, come fu per Bernardo Provenzano”.

Questa rete di fiancheggiatori di Messina Denaro “c’è stata e c’è, anche quelli che abbiamo già individuato e i cui nomi sono pubblici, anche se la nota legge mi impedisce di parlarne, sono professionisti – spiega De Lucia -. Chi ha dato l’identità per consentirgli di potere girare e fare affari è gente che è stata arrestata anche al Nord Italia, con un’altra vita e chi gli ha dato i documenti è oggetto di investigazione”.

L’obiettivo degli investigatori, spiega De Lucia ad Adnkronos – è quindi “talpe di un tempo e più recenti, quelli che gli hanno dato protezione anche per un solo giorno e che sono in possesso del patrimonio e che vogliono prendere il posto” di Messina Denaro.

Non solo la famiglia e gli amici

Tra le talpe di Messina Denaro, secondo il procuratore, non ci sarebbero solo parenti e “colleghi” mafiosi, ma anche insospettabili professionisti. D’altra parte, i già noti Andrea Bonafede e Laura Bonafede (ritenuta amante del boss) lavoravano rispettivamente come geometra e come maestra. La figlia – Martina Gentile – accusata, come la madre Laura Bonafede – di favoreggiamento di Messina Denaro e procurata inosservanza della pena, sembrava una giovane qualunque e invece pare vivesse al fianco del boss, consegnandone perfino i pizzini.

E nella rete di presunti fiancheggiatori di Messina Denaro ci sarebbe anche il nome del medico Alfonso Tumbarello, accusato di avere prescritto al boss oltre 130 ricette sotto falso nome. Sostiene di non essere mai stato a conoscenza dell’identità del paziente, ma per gli inquirenti avrebbe coperto tutto permettendo al boss di ricevere cure per il tumore.

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