Alla fine dalle uova di Draghi sono sgusciati fuori i sottosegretari
La gestione del parto è stata lunga e calcolata da un farmacista per i problemi che attraversavano tutti gli schieramenti. Ma alla fine dalle uova di Draghi sono sgusciati fuori i sottosegretari.
Nessuna sorpresa eclatante sul piano dell’innovazione delle competenze se non per la personalità e l’alto profilo di Gabrielli ai Servizi. Nomina che segna uno spartiacque all’opaca gestione precedente.
Fondamentalmente si è rispettato il Cencelli delle logiche e dei maldipancia interni ai partiti usciti schiacciati dalla nomina di Draghi. In primis la questione femminile avendo avuto le donne la metà dei posti assegnati. In particolare il Pd, dopo le profonde critiche interne, ha dovuto supportare candidature femminili.
Tra i Cinque stelle è ovviamente partito il regolamento di conti interno, per quelli che sono rimasti dopo la fronda espulsa. In particolare spariscono le persone più vicine a Conte a dispetto delle profferte amorose rivolte da Grillo all’ex premier.
Si conferma la capacità di Renzi di premiare le persone a lui fedeli, tutti i suoi sono stati confermati seppur in altri ruoli. I problemi li avranno altri capi partito con enormi problemi di tenuta di leadership. Il più esposto oggi in questo senso, dopo la debacle 5stelle, è l’alleato sottomesso Zingaretti.
Il Sud? Possiamo dire che la Puglia è ben rappresentata con
ben sei posti di sotto governo.
E la Sicilia? Qua vengono le dolenti note. Oltre a non avere un ministro siciliano, una sconfitta immane, abbiamo solo tre sottosegretari, tutti e tre grillini. Quindi non proprio incisivi in un governo a trazione Draghi. La Sicilia aveva votato in massa Cinque stelle alle ultime elezioni ed oggi il suo peso è stato questo. Viene salvato il soldato Ryan del movimento, Giancarlo Cancelleri, fedelissimo di Di Maio, due volte sconfitto come presidente della Regione, anche se declassato da vice ministro.
La Sicilia mai è stata forse così residuale, insulare nel senso di isolata dal sistema geopolitico italiano. Soprattutto nella sua componente storica, quella moderata. C’era stata un’ansia di rappresentanza da parte dei moderati Siciliani, di cui alcuni al governo della Regione. Ovviamente i moderati non hanno fatto un fronte comune, si sono divisi nelle singole ambizioni personali. E nella marginalità politica dell’isola sono stati considerati superflui. Poco vale la nomina di Giorgio Mulè, perché conferma solo il detto che chi nescie arrinescie…
Oggi siamo sempre più Isola, sganciati dai luoghi decisionali, ed è inutile fare le vittime. La colpa è nostra che non riusciamo nonostante il nostro peso elettorale a dotarci di una rappresentanza politica adeguata ad incidere sullo scenario. Se pensiamo che la piccola La Spezia ha un ministro e due sottosegretari capiamo quanto siamo poco considerati. Noi Siciliani abbiamo troppo spesso votato senza una logica e salendo su illusori carri dei vincitori apparenti. E ci siamo autoisolati.
Gatto Silvestro