Quasi cento milioni di metri cubi in meno in un anno. Al primo febbraio 2024, secondo i dati resi noti dall’Autorità di bacino del distretto idrografico della Regione Siciliana, sono stati soltanto 297 i milioni di metri cubi di acqua raccolti, sostanzialmente tanto quanto segnalato per il mese precedente, contro i 384 milioni di metri cubi registrati al primo febbraio 2023. Un risultato che va a rafforzare quello che è ormai un andamento costante e sembra, irreversibile, considerato che ci troviamo nel periodo dell’anno che dovrebbe essere il più piovoso, di mese in mese.
Il tutto nella stagione invernale, che dovrebbe essere quella in cui si fa la “scorta” per i periodi di lunga siccità della primavera e dell’estate. Diversi gli invasi in perdita; in particolare Ancipa sul fiume Troina, Fanaco sul Platani, Furore sul Burraito, Garcia (M. francese) sul Belice sinistro, Lentini, Ragoleto sul fiume Dirillo, Rosamarina sul San Leonardo, Santa Rosalia sull’Irminio e Scanzano sull’Eleuterio. Quelli che non fanno segnare numeri negativi rispetto al mese precedente, comunque, non sono comunque particolarmente cresciuti, mantenendosi sostanzialmente stazionari.
Considerando il fatto che molti degli invasi sono a uso promiscuo, non solo irriguo, ma anche potabile, industriale ed elettrico, il problema non si ripercuote solo sull’agricoltura, ma sulla comunità intera. In particolare, sono destinate a più di un uso le risorse contenute nelle dighe Ancipa, Castello, Fanaco, Garcia, Leone, Piana degli Albanesi, Poma, Prizzi, Ragoleto, Rosamarina e Scanzano. Per tale ragione, buona parte della loro capacità non potrà essere utilizzata nelle campagne.
Non si tratta di un fatto eccezionale, da circoscrivere all’ultimo anno, anzi. I dati relativi all’andamento dei singoli invasi nell’anno idrogeologico, che va da ottobre a settembre, mostra come quasi tutte le dighe sono al loro minimo storico rispetto ai dati raccolti a partire dal 2018, molto al di sotto del volume autorizzato.
Una conseguenza del cambiamento climatico in atto, aggravata da una gestione delle risorse idriche assolutamente inadeguata: secondo il rapporto Eurispes 2023, sullo stato delle acque in Italia la dispersione idrica regionale raggiunge il 52,5%. I dati peggiori riguardano Ragusa, in cui la dispersione arriva al 63%, seguita da Siracusa, al 60%. Le due città più grandi dell’Isola, Palermo e Catania, registrano un dato relativo alla perdita del prezioso liquido lungo le condutture colabrodo rispettivamente, del 48,8% e del 55,4%.
Proprio all’inizio del mese di febbraio, il governo guidato da Renato Schifani ha dichiarato lo stato di calamità naturale da siccità severa nell’intero territorio regionale su proposta dell’assessore all’Agricoltura Luca Sammartino. La Sicilia è l’unica regione d’Italia e tra le poche d’Europa in zona rossa per carenza di risorse idriche. Stessa situazione si ritrova in Marocco ed Algeria. Una condizione che sta danneggiando agricoltori e allevatori, già gravati dalle conseguenze dei fenomeni atmosferici anomali che hanno colpito l’Isola per tutto il 2023. L’allevamento degli animali è il settore più colpito per l’assenza di foraggio verde e la mancanza di scorte di fieno danneggiate dalle anomale precipitazioni del maggio dell’anno scorso.
Il governo regionale ha quindi incaricato l’Unità di crisi istituita di recente e ora integrata dai dirigenti dei dipartimenti Bilancio e Programmazione, di individuare possibili interventi strutturali da eseguire con urgenza per fronteggiare la carenza idrica, salvaguardare gli allevamenti zootecnici e le produzioni delle aziende agricole garantendo sufficienti volumi d’acqua.