Invitalia si veste in sartoria - QdS

Invitalia si veste in sartoria

Carlo Alberto Tregua

Invitalia si veste in sartoria

giovedì 08 Aprile 2021

Corneliani e Ilva

Invitalia è una società pubblica che deve promuovere startup e piccole e medie imprese. Dalle notizie che abbiamo, funziona abbastanza bene, gestita dall’amministratore delegato, Domenico Arcuri.
Il governo Conte uno e due ha affidato allo stesso Arcuri l’incarico di Commissario straordinario per le forniture necessarie all’epidemia Covid. Mentre nel primo caso le cose sono andate abbastanza bene, in questo secondo sono andate abbastanza male. Non si capisce se dovuto a malfunzionamento disorganizzativo oppure ad altre cause su cui stanno investigando diverse Procure.
Probabilmente non si doveva dare questo incarico a chi è già onerato di un compito importante come, appunto, quello di Ad di Invitalia.
Ma c’è di più. La stessa società pubblica è stata incaricata di diventare industria dell’acciaio, questa volta non per sostenere piccole imprese, bensì per acquisire il controllo dell’ex Ilva, ora ArcelorMittal.

Il Governo ha incaricato la stessa società di fare un intervento nel capitale di rischio nell’industria tarantina di ben 400 milioni, con l’incarico di raggiungere il controllo mediante l’acquisizione di altre azioni fino a che la quota non sia diventata di maggioranza.
E qui cominciano gli inghippi, perché di fatto Invitalia non è ancora entrata nel capitale e nella gestione dell’ex Ilva in quanto non ha versato i 400 milioni, cosicché l’operazione è l’ennesima incompiuta dell’inconcludente governo Conte due, non certo migliore del Conte uno.
In quel sito, la situazione è diventata tragica perché da un punto di vista ambientale non sono iniziate le attività di trasformazione dell’impianto industriale per farlo diventare green, dall’altro, la continua diminuzione della produzione di acciaio rende sempre meno competitiva nel suo complesso tale industria.
Non è certo con l’intervento pubblico e l’acquisizione della quota di maggioranza che possa venire alla luce la soluzione, mentre sarebbe stato (ed è) opportuno che il complesso venisse messo sul mercato e acquisito da chi sa fare questo mestiere, non certo lo Stato o le sue propaggini, come Invitalia.
C’è di peggio, la stessa è stata delegata, almeno a parole, a diventare sarta. Non sembri uno scherzo o un gioco di parole. Infatti dovrebbe occuparsi del salvataggio della Corneliani, una famosa maison maschile (e non solo) che non va bene per niente.
Ora, è impensabile che lo Stato possa risolvere le crisi degli apparati produttivi mettendoci i soldi dei cittadini, i quali vengono utilizzati poco e male in quanto chi poi è delegato ad amministrare, cioé i commissari giudiziari o straordinari, non hanno l’interesse né le competenze per far funzionare le cose, salvo quello personale di introitare ricchi emolumenti, che possono arrivare a 30-40 mila euro al mese, ripetiamo, al mese.
Questa categoria professionale (amministratori straordinari o commissari giudiziari) è ovviamente una categoria di prescelti, non si sa con quali criteri oggettivi, tant’è vero che in molti casi essi sono i soliti noti, il che conferma l’incapacità di far funzionare imprese che già non funzionano bene.

Nel dopoguerra si rese necessario l’intervento massiccio nelle aziende industriali. L’Istituto per la ricostruzione industriale (Iri), anche presieduto dall’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, funzionò abbastanza bene come leva per risollevare le sorti disastrate delle industrie.
Una vasta corrente di economisti sostiene come nei momenti straordinari l’intervento dello Stato sia non solo utile, ma perfino indispensabile. Così è accaduto negli Stati Uniti, a seguito del fallimento della Lehman Brothers, quando quel governo intervenne con massicci finanziamenti nel sistema bancario ed anche in quello automobilistico. Ma, passata la bufera, le aziende sono ritornate nel mercato e lo Stato americano è uscito dal settore privato.
Anche così, per la verità, è accaduto in Italia quando l’Iri ha privatizzato moltissime industrie e banche e poi è stato liquidato.
L’intervento è necessario, dunque, quando serve, ma non strumentalizzato dagli avidi mangiatori di risorse quando non serve, come è il caso di Ilva, Corneliani, Alitalia ed altri, che aspettano dietro l’angolo per gustare grossi bocconi finanziari.

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