Irpef, 60% del gettito dal 10% dei cittadini - QdS

Irpef, 60% del gettito dal 10% dei cittadini

Adriano Zuccaro

Irpef, 60% del gettito dal 10% dei cittadini

giovedì 08 Giugno 2023

La riforma del Fisco come il Ponte sullo Stretto: la storia infinita. Attinelli (Commercialisti Rg): “Pressione giù solo se si taglia la spesa”. Alemanno (Int): "Confusione normativa penalizza"

In Sicilia si evadono 19 euro ogni 100 incassati, 6,6 miliardi di euro di imposte evase nel 2020.

La nostra Isola è quarta in Italia in questa speciale classifica, “superata” da altre tre regioni del Sud: ogni 100 euro di gettito fiscale incassato in Calabria ne vengono evasi 21,3 per un totale di 2,7 miliardi di euro, segue la Campania (20 euro evasi ogni 100 incassati per un totale di oltre 8,4 miliardi di euro di evasione) e la Puglia, dove la perdita è di 19,2 euro ogni 100.

La Cgia di Mestre, analizzando dati del Mef e dell’Istat relativi al 2020, ha fotografato una situazione con importati differenze territoriali: Calabria, Campania e Puglia, come sottolineato, sono le zone in cui il fenomeno è più preoccupante, mentre le più virtuose sono al Nord con Friuli Venezia Giulia (10,6 euro evasi ogni 100), la Provincia di Trento (10,2 euro) e la Lombardia (9,5 euro).

In testa, tra i territori più “fedeli” al fisco si trova la Provincia di Bolzano con un’evasione di 9,3 euro ogni 100 incassati.

“Al di là dei numeri è certo che l’evasione fiscale è ancora uno dei problemi e delle difficoltà maggiori che ci troviamo ad affrontare”, afferma il comandante generale della Guardia di Finanza, Andrea De Gennaro. “Non c’è dubbio – prosegue – che la problematica dell’evasione è collegata a quella della corruzione e viceversa. Rendono meno efficiente la Pa”.

La strada imboccata, però, sembra essere quella giusta. Nel 2022 il fisco ha recuperato dalla lotta all’evasione oltre 20 miliardi di euro, ha annunciato poche settimane fa il ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef).
Tra il 2015 e il 2020, ad esempio, l’evasione in Italia è scesa di 16,3 miliardi di euro.

Maurizio Attinelli, presidente Ordine Commercialisti di Ragusa: “In Italia ogni contribuente ha in media a carico un’altra mezza persona”

Maurizio Attinelli

Sul fisco il governo si pone un obiettivo ambizioso, quello di una riforma che renda più equilibrato il rapporto Amministrazione finanziaria-contribuente: secondo lei la direzione intrapresa è quella giusta?
“La riforma fiscale in Italia è un cantiere sempre aperto. Una sorta di infinito ‘Ponte sullo stretto’, i cui lavori preparatori sono in corso dal 1971 ma la loro conclusione resta sempre di là da venire. Sulla base dei dati ufficiali riferiti al 2020, in Italia ci sono 61milioni di abitanti, 41 milioni di contribuenti di cui 31 milioni pagano almeno un euro di Irpef. Da questi dati si possono ricavare due prime conclusioni. La prima è che circa la metà degli italiani, quasi 31 milioni di persone (compresi ovviamente i neonati …), non versa neppure un euro di imposte sul reddito pur beneficiando, esattamente come tutti gli altri, dei servizi che da queste derivano. La seconda è che ogni contribuente ha in media a carico un’altra mezza persona. La stragrande maggioranza dei contribuenti italiani (24,4 milioni, pari a quasi 60%) dichiara redditi fino a 20 mila euro lordi l’anno e versa un’Irpef di complessivi 15,8 miliardi che costituiscono meno del 10% del gettito totale dell’imposta (in tutto 164,7 miliardi). Senza considerare tutto il resto della spesa pubblica (istruzione, infrastrutture, pubblica amministrazione …), questi cittadini contribuenti non sono neppure in grado di pagare la loro quota parte della sola sanità italiana che costa circa 114 miliardi l’anno, pari a circa 1.900 euro pro capite. Pur considerando infatti il solo scaglione più alto, i contribuenti che rientrano in questa fascia pagano infatti un’imposta media annua di quasi 2 mila euro, che tuttavia risulta insufficiente a finanziare la spesa sanitaria anche per quella metà media di persone a carico che ciascun contribuente si ritrova nel proprio nucleo familiare. Risulta agevole concludere che chi sostiene effettivamente la spesa pubblica nel nostro Paese sono in realtà tutti gli altri. In particolare, quelli che dichiarano oltre 35 mila euro (circa 5 milioni di persone, poco più del 12% dei contribuenti e dell’8% dei cittadini italiani) che versano circa il 58% dell’Irpef totale. Tra questi i “super ricchi”, quelli che dichiarano oltre 100 mila euro lordi l’anno (in tutto solo 467 mila persone, poco più dell’1% dei contribuenti ed assai meno dell’1% degli abitanti), che versano quasi 32 miliardi di Irpef pari a oltre il 19% gettito totale complessivo dell’imposta. A mio parere non può ritenersi equilibrato un sistema del genere, dove meno del 10% dei cittadini contribuisce per quasi il 60% al gettito complessivo dell’imposta personale sul reddito. Secondo me, conclusivamente, la realtà è che in Italia troppi pagano poco e pochi pagano troppo. Ecco da tali evidenze, una vera riforma del sistema fiscale dovrebbe oggi partire”.

Ci sono punti deboli nella legge delega, per esempio la fattibilità della flat tax su cui molti hanno espresso perplessità?
“La flat tax a oggi mi pare un’imposta iniqua. L’obiettivo generale dei sostenitori della flat tax con aliquota del 5, del 15 o del 23% è quello di sostituire l’attuale sistema di tassazione progressiva dell’Irpef per aliquote e scaglioni con una tassa piatta uguale per tutti. La flat tax incrementale di cui si parla tanto è una tassa che viene applicata sul margine di guadagno superiore ottenuto da un lavoratore rispetto ai tre anni precedenti. è una misura che coinvolge solo le partite iva. Adesso il Governo sta lavorando sull’ipotesi di un sistema generalizzato di flat tax per lavoratori dipendenti e professionisti. In realtà la proposta della flat tax non è una novità ma si tratta di uno dei temi cari ai partiti di centrodestra sin dal 1994”.

Evasione fiscale: il rapporto della Cgia di Mestre mette in evidenza criticità soprattutto al Sud. È solo un problema “culturale” di maggiore propensione all’evasione?
“Penso che non avremo mai una riduzione della pressione fiscale se non avremo una riduzione della spesa. Con un rigore a senso unico, rivolto solo alle entrate e non anche al taglio delle spese difficilmente questo paese taglierà il traguardo del successo che tutti auspichiamo. Tutti vorremmo che il cuneo fiscale si riducesse. In sostanza, si tratta della differenza tra l’importo dello stipendio lordo versato dal datore di lavoro e la busta paga netta ricevuta dal lavoratore. Per ridurre il cuneo fiscale si devono ridurre le tasse e i contributi previdenziali. Riducendo le tasse e i contributi avremo uno Stato con meno soldi e le pensioni ancora meno adeguate. Dall’esame dei dati del rapporto, emerge che il gettito evaso, in valore assoluto, è maggiore nelle regioni del Nord, in quanto queste dispongono di un reddito maggiore e di una conseguente base imponibile più alta. Tuttavia, il grado di evasione – ovvero quanti si evade rispetto a quanto dovuto – è maggiore al Sud, quindi con una profonda eterogeneità regionale sul suolo italiano. Io ritengo che al sud così come al nord si tende a pagare le imposte anche sulla base dei servizi che lo Stato riesce a mettere a disposizione dei cittadini. Ciò è unito al senso dello Stato, al rispetto delle regole e, in generale, alla cultura della legalità. Penso che a parità di condizioni gli italiani del Sud tendono a essere ugualmente fedeli nei confronti del Fisco rispetto agli italiani del Nord”.

Riccardo Alemanno (Istituto Nazionale Tributaristi): “La confusione normativa penalizza il contribuente onesto”

Riccardo Alemanno

Ruffini ha “denunciato” per l’ennesima volta l’esistenza di 800-900 norme fiscali: la semplificazione è stata un po’ la promessa di tutti i governi che si sono succeduti negli anni ma agli annunci non hanno fatto seguito fatti concreti. Si tratta di un obiettivo troppo ambizioso o non c’è stata negli anni la volontà politica di mettere mano ad una riforma che invece è assolutamente necessaria?

“Il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha evidenziato ciò che da anni, nei tavoli di confronto e nelle audizioni, si ribadisce alle istituzioni governative e parlamentari, cioè il peso di una sedimentazione normativa che rende complessa e confusa tutta la legislazione tributaria, con conseguenti difficoltà e rischi di sanzioni da parte del contribuente. I tentativi, o meglio gli annunci di semplificazione, si sono susseguiti in tutte le le passate legislature, ma sono stati approvati solo sporadici interventi che non hanno migliorato in modo tangibile la situazione. Oggi, nella Legge Delega di Riforma fiscale approvata dal Governo, si evidenzia la necessità di un riordino dei testi unici in ambito tributario, previsione normativa che abbiamo accolto molto positivamente. Siamo nel primo anno di legislatura, il tempo per approvare interventi concreti c’è, gli obiettivi di semplificazione e chiarezza normativa sono ambiziosi ma non c’è solo la necessità della volontà politica, c’è anche il nodo delle coperture finanziare e degli equilibri del bilancio pubblico. Ci sono però interventi che non avrebbero necessità di coperture finanziarie come il predetto riordino dei testi unici o l’ottimizzazione dei milioni di dati che l’Amministrazione finanziaria riceve e archivia nelle sue piattaforme digitali, dati che incrociati potrebbero consentire la cancellazione di adempimenti tributari obbligatori e quindi anche una riduzione di costi in capo al contribuente. Riformare il sistema fiscale è sicuramente complesso, ma bisogna iniziare subito e con un progetto strutturale, sarà inoltre altrettanto importante che durante il percorso di riforma il legislatore contenga al minimo eventuali nuovi interventi in ambito fiscale”.

Possiamo dire che oltre al contezioso, tra gli effetti della confusione normativa, c’è anche l’evasione fiscale?

“Diciamo che le difficoltà interpretative e applicative delle norme possono avere come conseguenza, oltre che un imponente ricorso al contenzioso, la sottrazione di base imponibile alla tassazione, ma non si può annoverare come evasione volontaria, salvo interpretazioni volutamente elusive. Per cui si può affermare che nella confusione normativa il contribuente corretto è penalizzato mentre chi ha intenzioni di evasione ed elusione trova un ambiente favorevole. Ovviamente questa è una semplificazione estrema, poiché in ambito fiscale nulla è semplice e le variabili anche in merito ai comportamenti dei contribuenti possono avere varie motivazioni e spiegazioni”.

La riforma del fisco annunciata dal governo secondo lei va nella direzione di un vero riequilibrio Fisco-contribuente o serve andare oltre per far sì che il cittadino non veda più nel fisco un “nemico”?

“Ritengo che sia il fisco ‘nemico’ che ‘amico’ facciano parte di una narrazione più adatta a dibattiti e annunci che non al ruolo dell’Amministrazione finanziaria, personalmente preferirei un fisco ‘equo’. Ciò ovviamente non dipende solo dall’Agenzia delle Entrate, che deve attenersi alle norme vigenti, ma proprio da una riforma strutturale del sistema, che vada di pari passo con la trasparenza dell’ utilizzo delle risorse da parte dello Stato. Il rapporto tra Fisco e contribuente dipende sicuramente dalla semplicità degli obblighi tributari e contributivi, ma anche dalla fiducia che ciascun cittadino può avere nei confronti dello Stato. Serve un cambio di passo anche culturale a partire dalle scuole, oggi è stata introdotta l’ educazione finanziaria sarebbe utile anche introdurre l’ educazione fiscale. La Riforma del Fisco è pertanto indispensabile e come ho già avuto modo di ribadire pubblicamente, deve essere strutturale e basata sui seguenti capisaldi: certezza e stabilità normativa, semplificazione, riduzione della pressione fiscale ed equità. Una riforma che non solo non è più rinviabile per migliorare il rapporto Fisco-contribuente, sia per le famiglie che per il settore produttivo, ma anche per dare credibilità agli investitori esteri e ai mercati finanziari.”

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