Irpef, in Sicilia l’aliquota scende all’1,23% - QdS

Irpef, in Sicilia l’aliquota scende all’1,23%

Irpef, in Sicilia l’aliquota scende all’1,23%

giovedì 16 Gennaio 2020

Soddisfatto l’assessore regionale all’Economia, Armao: “Meno tasse per i contribuenti, compiuto risanamento”. Nell’Isola il tributo vale la bellezza 7,5 miliardi ma, di questi, due miliardi vengono “intercettati” da Roma

PALERMO – I siciliani possono tirare un sospiro di sollievo. Scongiurata, infatti, per l’anno fiscale 2019, la paventata maggiorazione dell’addizionale Irpef: quest’anno, infatti i contribuenti in Sicilia pagheranno, a valere sull’anno d’imposta 2019, solo l’aliquota regionale pari all’1,23 per cento.

Si chiude così una lunga fase, cominciata nel 2011, quando per fare fronte ai debiti del sistema sanitario la Regione fece leva sull’addizionale Irpef, scaricando così gli oneri sulle tasche dei contribuenti. Fino al 2017 l’aliquota viaggiava al massimo consentito: 1,73. Due anni fa, il governo Musumeci ritoccò al ribasso la maggiorazione dell’addizionale, maggioranzione che quest’anno viene del tutto azzerata. “è stato portato a compimento il lungo percorso di risanamento, già riconosciuto dalle agenzie di rating, in particolare in materia sanitaria, da due anni si è passati alla riduzione dell’opposizione fiscale varata nel 2017 – dice all’Ansa l’assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao – La Sicilia non è più il luogo della tassazione maggiorata, il che ci consente di puntare con forza sulle misure di fiscalità agevolata per attrarre persone e imprese”.

Quest’anno, dunque, i contribuenti non pagheranno lo 0,27 per cento (in aggiunta all’aliquota) che invece avevano versato all’Erario nel 2019; addizionale che era stata già ridotta dal governo rispetto all’anno precedente quando la maggiorazione fu dello 0,54 per cento. L’azzeramento della maggiorazione del’addizionale era stato previsto dalla legge finanziaria del 2015 proprio a partire dall’anno d’imposta 2020, norma che il governo Musumeci ha confermato. Rimangono invariate, rispetto all’anno scorso, le aliquote Irap per le imprese e la pubblica amministrazione, rispettivamente al 3,90 per cento e all’8,5 per cento.
Per la cronaca, l’Irpef in Sicilia vale la bellezza di 7,5 miliardi ma nelle casse di Palazzo d’Orléans finiscono solo circa 5 miliardi. La restante parte, infatti, viene trattenuta dallo Stato in palese violazione degli articoli 36 e 37 dello Statuto siciliano.

Intanto, sempre a proposito di Irpef, a livello nazionale si registra la proposta del Consiglio nazionale dei commercialisti attraverso le parole del suo presidente, Massimo Maini. La proposta consisterebbe nell’estensione dell’aliquota del 27% fino ai 55 mila euro di reddito (oggi tra i 28 mila e i 55 mila euro c’è un’aliquota del 38%).
“Il dibattito di queste settimane – spiega Maini – sull’Irpef è molto importante. La politica ha oggi la grande opportunità di ridisegnare finalmente le aliquote, puntando a quella complessiva riforma fiscale che il Paese attende da molto tempo. Ma si tratta di un passaggio estremamente complesso, che non può essere frettoloso. In questo senso condividiamo le posizioni di quanti nell’esecutivo ragionano in termini di riforma strutturale, avendo come stella polare la semplificazione e la riduzione del carico fiscale”.
“Si tratta di un intervento che avrebbe un costo di circa 9 miliardi – aggiunge- Sappiamo che non è facile reperire risorse, abbiamo visto quanto è stato difficile trovarle per sterilizzare l’aumento dell’Iva nell’ultima legge di Bilancio, ma è a nostro avviso indubbio che una rimodulazione delle aliquote così concepita avrebbe un effetto positivo sul ciclo economico”.

Patrizia Penna

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