Roma, 3 dic. (askanews) – Accanto ai tanti risultati positivi dell’agroalimentare italiano, ci sono però alcuni elementi di complessità, tutti esogeni al settore, legati a uno scenario geopolitico globale segnato da incertezze e conflitti, in una fase di transizione delle relazioni economiche internazionali e di ritorno al protezionismo commerciale. E, in questo contesto, i nuovi dazi introdotti dagli Stati Uniti nel 2025 rappresentano una questione particolarmente delicata. E’quanto emerge dal Rapporto Agroalimentare Ismea 2025, presentato oggi al Masaf a Roma.
Nel capitolo sui dazi si sottolinea che la valutazione dei loro effetti “non può prescindere dalla specificità dei singoli comparti, dal grado di sostituibilità dei prodotti italiani sul mercato nordamericano e dalle dinamiche del tasso di cambio, che influisce sugli scambi in misura analoga alle tariffe”. Più in generale, sulla base dell’accordo Usa/UE del luglio 2025 il settore agroalimentare, gravato da un dazio addizionale medio ponderato del 12,9%, risulta meno colpito rispetto a quello di altri Paesi, ma relativamente più penalizzato rispetto a comparti industriali sensibili, per i quali l’UE ha spuntato trattamenti più favorevoli. La situazione rimane comunque in evoluzione, essendo tuttora fortemente influenzata dalle aspettative degli operatori e una valutazione più accurata dell’impatto dei dazi potrà essere formulata solo a partire dalla metà del 2026.
Il presidente e il direttore generale di Ismea, Livio Proietti e Sergio Marchi, hanno sottolinea che se è vero che i numeri dell’agroalimentare tricolore “confermano un contributo fino al 15% del PIL lungo l’intera filiera, con primati europei che testimoniano competitività, investimenti e qualità”, non si può dimenticare che “l’export resta decisivo: nel 2024 ha sfiorato i 70 miliardi di euro e la crescita prosegue nel 2025. Gli Stati Uniti si confermano uno sbocco imprescindibile, con 7,8 miliardi di euro nel 2024, trainati dai prodotti simbolo del Made in Italy, dal vino all’olio, dalla pasta ai formaggi stagionati. Tuttavia – hanno sottolineato – le nuove politiche tariffarie statunitensi introdotte nel 2025 aprono una fase delicata: una valutazione piena degli effetti, più accurata solo da metà 2026, dovrà considerare comparti, sostituibilità dei prodotti e dinamiche del cambio”.
Inoltre, hanno aggiunto, “l’eccezionale sostegno pubblico mobilitato negli ultimi anni dal Governo, con risorse pari a 15 miliardi di euro per filiere, innovazione e occupazione giovanile, va nella direzione di rafforzare la capacità competitiva del sistema e valorizzarne l’eccellenza”.

