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Italia che non cresce, Pil piatto

Italia che non cresce, Pil piatto

Pa e ceto politico carenti

Il Presidente della Repubblica, con la sua rituale saggezza, ha detto qualche tempo fa: “La struttura e l’equilibrio demografico di un Paese riflettono il progetto di vita che lo connotano”. Il suo messaggio è chiaro e vuole essere uno stimolo positivo a inserire nelle azioni di governo attività che smuovano quelle leve necessarie a sviluppare un progetto di vita della popolazione, al fine di migliorare la qualità della vita della stessa.
Dalla riforma della legge elettorale denominata Mattarellum, cioè dal 1994, il Paese non è cresciuto in termini reali di Pil perché la svalutazione, ultima quella del Covid, è stata sempre superiore percentualmente all’aumento percentuale dello stesso Pil. Quindi, di fatto, il Paese non è cresciuto, anzi è andato indietro, con la conseguenza che gli/le italiani/e stanno peggio di come stavano trent’anni fa. Tuttavia, non si può nascondere che prima di tale data il ceto politico aveva quasi fatto fallire l’Italia.

Stipendi, inflazione e crescita del Pil

Le manifestazioni sindacali recenti – una con lo sciopero generale del 12 dicembre indetto dalla Cgil di Landini e l’altra senza sciopero generale indetta dalla Cisl di Fumarola – hanno messo all’ordine del giorno il fatto che gli stipendi non hanno recuperato rispetto all’inflazione. Ma costoro o sono ignoranti o sono in malafede perché in ambedue i casi non hanno messo in evidenza l’altra mezza mela, vale a dire che gli stipendi possono aumentare solo se aumenta (in miliardi e non in percentuale) il Prodotto interno lordo. Solo da lì si parte per potere pensare a un aumento di potere d’acquisto dei redditi fissi.
D’altra parte, la stessa Legge di Bilancio, in preparazione per il 2026, tiene i cosiddetti conti in ordine, il che significa piattezza generale, altro che recupero sull’inflazione. Ma, per la verità, questo Governo, nelle attuali condizioni, non poteva fare altro perché la sua Pubblica amministrazione nazionale – ma anche le Pubbliche amministrazioni regionali e locali – non sono in condizione di fare funzionare a regime la macchina economica del Paese e quindi farla crescere adeguatamente, causa disorganizzazione, incapacità e arretratezza.

Produttività, merito e risultati

è solo la crescita che potrebbe far aumentare, lo ripetiamo, gli stipendi, pubblici e privati. Ma la crescita non avviene se chi lavora non lo fa con metodo cronometrico, in un sistema dominato da produttività, efficienza e merito, ove sono stabiliti obiettivi concreti da raggiungere in tempi certi.
E poi, all’interno di un sistema così ordinato che punti alla crescita, deve esserci un insieme di controlli per misurare il tasso di realizzazione dei risultati rispetto agli obiettivi. Ricordiamo ancora una volta che sono solo i risultati che misurano il merito e la capacità del fare concreto, cosa che manca in tutto il settore pubblico del nostro Paese.
Ricordiamo anche che il lavoro è un mezzo per raggiungere un obiettivo; non è un’attività fine a se stessa, anche se molti/e sono convinti/e che basti andare in un posto di lavoro e fare trascorrere le ore previste dai contratti per fare il proprio dovere. Non è così. Il proprio dovere si compie nella misura in cui si raggiungono i risultati.

Sindacati, politica e opposizione

Nelle manifestazioni sindacali, giuste nella sostanza, vi è un’ipocrisia di fondo perché si fa finta di non sapere le cause del mancato adeguamento degli stipendi all’inflazione e quindi non si mette il dito nella piaga, che è quella della disfunzione del sistema pubblico e di un ceto politico rissoso, che ha a cuore la salute economica degli/delle italiani/e solo a parole.
Intendiamoci, non ci riferiamo solo al ceto politico che governa in questo periodo, il quale rappresenta la “Minocrazia”, vale a dire la dittatura della minoranza, ovvero la maggioranza della minoranza. Ci riferiamo all’intero ceto politico, nel quale vi è un’opposizione dilaniata e divisa, non capace di costituire la struttura necessaria a fare vera opposizione: il governo ombra, con i dicasteri ombra e con le personalità che li rappresentano.
Questo permetterebbe di portare all’Opinione pubblica, materia per materia e caso per caso, le proprie soluzioni ai problemi.
Vi è quindi un deficit anche nel fare un’opposizione costruttiva