Italiani fedeli all’assistenza telefonica - QdS

Italiani fedeli all’assistenza telefonica

Marco Carlino

Italiani fedeli all’assistenza telefonica

mercoledì 25 Settembre 2019

Sondaggio di Trustpilot: il 73% degli intervistati non si fida dei chatbot, manca il “fattore umano”. Sempre più diffusi i software creati per simulare una conversazione con una persona fisica

CATANIA – Gli italiani rimangono fedeli all’assistenza telefonica e respingono l’intelligenza artificiale. Più della metà dei consumatori nostrani, circa il 50,1%, non si fida infatti dei chatbot, i software, a cui fanno sempre più affidamento le aziende, creati per simulare una conversazione con una persona fisica. Questo è quanto emerge da un recente sondaggio di Trustpilot (la community di recensioni più influente al mondo) che ha raccolto più di 1.500 risposte in tema di confronto tra chatbot e la tradizionale assistenza telefonica.

Nello specifico il 73,2% degli intervistati non ritiene credibile la possibilità che i chatbot possano sostituire l’elemento umano del servizio clienti. L’8,9% pensa che possa offrire un servizio pari all’essere umano, mentre solo il 4,2% pensa possa fare anche meglio.

L’assistenza clienti è cruciale per la soddisfazione della clientela – ha dichiarato Claudio Ciccarelli, Country Manager di Trustpilot in Italia – come risulta chiaramente anche leggendo le recensioni presenti su Trustpilot. I risultati di questo sondaggio colpiscono in quanto emerge come, sebbene sempre più aziende stiano facendo ricorso all’uso di chatbot per il servizio clienti, i consumatori italiani in realtà non sono pronti e non hanno ancora fiducia in tale mezzo, poiché reduci da esperienze non soddisfacenti di interazione con questi assistenti virtuali. Allargando la nostra indagine anche al resto d’Europa abbiamo notato come i risultati non siano dissimili negli altri paesi, ragion per cui affinché il livello di soddisfazione aumenti c’è ancora molto da fare in questo ambito e non solo in Italia.”

A scoraggiare i clienti è principalmente la mancanza del fattore umano, circa il 46,5% la pensa così: ad esempio i bot non possono essere convinti del fatto che il nostro problema sia particolarmente urgente, non può scattare quel rapporto di simpatia che spesso si crea con un operatore e rende una pratica fastidiosa meno pesante. ll 26,5% ne fa soprattutto una questione di intelligenza, sostenendo che i bot non avranno mai uno sviluppo tale da risolvere un problema complesso, dimostrando così scarsa fiducia nel progresso tecnologico.

Dalla ricerca viene fuori che probabilmente il problema va ricercato nell’ancestrale timore che le macchine possano sostituire l’uomo. Quasi il 50% degli intervistati si sente, infatti, minacciato dell’idea che i chatbot possano sostituire totalmente l’assistenza clienti fisica.

Ma non tutti la pensano così. Il 21,9% degli intervistati ha riferito di esperienze positive in cui i chatbot sono stati un utile supporto: il 10,6% ha ricevuto risposte pertinenti alle proprie domande e l’11,3% ha dato merito al software artificiale di aver fornito le giuste informazioni per contattare il profilo più adatto a risolvere il proprio problema. Percentuali basse ma potrebbe essere questo il futuro delle chatbot: lavorare parallelamente al servizio clienti. Una sinergia già sperimentata nella lotta alle recensioni false e che ha prodotto risultati più che positivi.

Gli italiani non sono quindi del tutto contrari all’intelligenza artificiale in tutte le sue forme, ad esempio con gli assistenti vocali come Siri o Google Assistant hanno un rapporto positivo come dimostra la recente indagine del Capgemini Research Institute che ha individuato un innalzamento nell’utilizzo di queste tecnologie: dal 2017 al 2019, infatti, quelli che hanno usato i robot vocali per acquistare generi alimentari o prodotti per la casa sono aumentati dal 35% al 53%.

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