La “questione femminile” vista da Jose Marano, deputata M5s all’Ars. “Il o la presidente? Linguaggio è importante ma conta anche il pragmatismo”
PALERMO – Ha suscitato qualche polemica la scelta della neo premier di farsi chiamare “il” presidente anziché “la” presidente.
Le parole sono importanti, questo lo sappiamo bene, ma il timore è che quella femminile venga relegata ad una questione di mero linguaggio.
E, cosa ancor più grave, abbiamo assistito in questi giorni ad una polemica furibonda che ha visto destra e sinistra “contendersi” la parità di genere.
Con la deputata regionale Jose Marano (M5s), da sempre in prima linea per i diritti delle donne, abbiamo provato a dare una lettura dei fatti.
Onorevole Marano, Meloni vuole essere chiamata “il” e non “la” presidente del Consiglio. Carolina Varchi pure ha precisato: “chiamatemi vicesindaco e non vicesindaca”. Sono le parole che possono fare differenza o contano i fatti, quel “pragmatismo” che forse è mancato a tante femministe o presunte tali?
“Contano entrambe le cose. Se mi faccio chiamare ‘Sindaca’ o ‘Assessora’ e poi nel mio operato politico non porto avanti le tematiche sulla parità di genere, quelle parole non hanno un senso, quindi meglio farsi chiamare Sindaco e/o Assessore. Nel mio ddl per l’eliminazione del divario retributivo di genere, presentato nella scorsa legislatura e discusso in commissione, tra le finalità, ho inserito l’utilizzo di un linguaggio inclusivo e rispettoso dei generi nei documenti pubblici e nei luoghi di lavoro, nei termini definiti dalla grammatica italiana nella corretta declinazione dei generi maschili e femminili. Le parole hanno un peso, e i fatti ancora di più e Giorgia Meloni, di certo, sa come e se dare peso alle parole. Non mi meraviglia il fatto che si voglia fare chiamare ‘Il presidente del Consiglio’, è coerente con il numero scelto delle Ministre. Su 25 Ministri, solo 6 donne (3 con portafoglio, 3 senza portafoglio), quindi, si capisce bene che nonostante sia la prima presidente del consiglio donna della storia della Repubblica italiana non sta onorando decenni di lotte fatte da donne che hanno lottato anche per lei e per quello che oggi ha l’onore di rappresentare. Un atteggiamento davvero anacronistico”.
Sulle quote rosa il colore politico è relativo: se non erro la sua posizione è la stessa di Meloni?
“Vorrei che non si parlasse di quote rosa, è il ‘contentino’ della politica e non lo tollero. Spesso in politica su sentono frasi del tipo: ‘Si ma serve la donna’, ‘una donna la dobbiamo inserire’, la donna si deve inserire perché c’è ‘la quota rosa’. Il problema è sempre lo stesso, radicato nella nostra cultura: si scelgono gli uomini eppure le donne hanno dimostrato di saper fare e anche bene. Nell’istruzione ottengono risultati più elevati degli uomini, in campo manageriale riescono a raggiungere gli obiettivi prefissati in maniera brillante ma devono sempre dimostrare il doppio rispetto agli uomini”.
La sociologa Chiara Saraceno ha detto che la neopremier ha dato una “bella lezione alle donne di sinistra” ma non ha mancato di sottolineare che tutte possono farcela ma è necessario creare le condizioni perché questo accada”. Lei come la vede?
“Una lezione alle donne di sinistra con 6 ministeri su 25? Un fortissimo segnale a livello mondiale nell’ottica della parità sarebbe stato posizionare 13 donne e 12 uomini, ci sono tantissime donne nel nostro Paese che possono ricoprire questi ruoli ed invece di andare avanti arretriamo ogni giorno in questa lotta. Montessori, Deledda, Montmasson, alcune delle donne citate nel suo discorso alla Camera dei Deputati, non sarebbero di certo felici della di questa scelta. Prima di dare lezioni agli oppositori magari la Meloni potrebbe cominciare dai suoi alleati, considerato che governa, da una parte, con un partito patriarcale guidato da chi ha sempre considerato le donne una merce di scambio e, dall’altra parte, con un partito omofobo che ha utilizzato un linguaggio disgustoso e irriverente nei confronti della comunità Lgtb. La premier ha inoltre affermato di aver ‘rotto il soffitto di cristallo’ ma lo ha fatto in maniera individualistica, raggiungendo il suo obiettivo personale, perché l’espressione coniata da Marilyn Loden nel 1978 fa riferimento a quelle discriminazioni e pregiudizi che limitano il successo delle donne e l’avanzamento lavorativo, impedendo loro di arrivare alle stesse posizioni a cui può aspirare un uomo. Andando a livello territoriale, qualche giorno fa mi sono trovata su un quotidiano locale fra i 13 proclamati nel collegio catanese con tutte le foto degli eletti, sono l’unica donna catanese (al momento), perchè nel caso in cui il collega Di Paola, scelga Caltanissetta, saremmo due donne, quindi in ogni caso l’unica rappresentanza femminile della deputazione catanese sarebbe solo del Movimento 5 Stelle”.