Una classe dirigente alternativa a quella di sinistra c’era in Italia. Si chiamava Dc, era iscritta alla grande famiglia europea giusta, quella del Partito Popolare europeo, mica la Le Pen
Ieri mi hanno colpito in televisione, in un programma “stranamente”di sinistra, le parole di un vecchio buon maestro della sinistra culturale, Roberto Vecchioni.
Io sono preoccupato, diceva, perché per avere un equilibrio politico in Italia ci vorrebbe una buona destra, con una buona classe dirigente.
Le parole erano dette in sicura buonafede, ma celavano il
cosiddetto difetto Juventino.
Il sapore acre della vittoria per carenza di avversari. E la
presunzione intellettuale di sceglierlo un avversario.
Come gli americani paternalmente trattavano i “buoni”
indiani. Nelle riserve, togliendogli le loro prerogative di vita, ed accontentandoli
con i casinò per farli sopravvivere.
Ma, sotto sotto, l’unico indiano buono è l’indiano morto,
pensavano i sinceri democratici di oltre atlantico.
Questo presuppone la cultura di sinistra del suo alter ego
politico. E per questo, come gli juventini, si sono alleati l’arbitro, il terzo
potere dello Stato, la magistratura dominante.
Una classe dirigente alternativa a quella di sinistra c’era
in Italia. Si chiamava Dc, era iscritta alla grande famiglia europea giusta,
quella del Partito Popolare europeo, mica la Le Pen.
E questa classe dirigente, vasta, estesa nei territori,
identitaria e rappresentativa, in un momento di sua crisi culturale, e quindi
debole, è stata fatta fuori.
Sul perché, cosa c’era dietro, a chi, soprattutto all’estero,
giovava questa cosa, si potrebbero scrivere enciclopedie.
Ma quella classe dirigente, che aveva tenuto questo paese
tra le 5 potenze mondiali, non c’è più, è stata gioiosamente fatta fuori.
In parte è stata assorbita a sinistra, come stanno facendo
oggi con i 5stelle, togliendogli le unghie, ma anche lo spirito che li animava.
In parte fu ricompresa, seppur sottomessa, da Silvio Berlusconi.
Ma la ragione della sottomissione fu causata a sinistra dal cambio, scellerato
per l’integrità mentale di questo paese, della legge elettorale.
Il maggioritario ha distrutto il dibattito politico di
questo paese, consegnando i partiti ai cosiddetti leader, riducendo gli spazi
di confronto, perché i leader fanno le liste elettorali per cooptazione, avendo
tolto le preferenze.
Però la sinistra, con spocchia, lamenta la mancanza di un
avversario valido, con una buona classe dirigente.
La magistratura è nei suoi vertici, seppur in declino di
fiducia, causa scandali, a sinistra. L’università italiana, baronale e
parentale, è sostanzialmente di cultura pseudo progressista, non si ricordano
manifesti o appelli di altri segno significativi.
La scuola, pur bistrattata e sottoconsiderata, perché alle
Élite di sinistra fanno comodo masse sostanzialmente ignoranti da guidare, senza
troppi passaggi di intermediazione sociale e politica, è complessivamente di
sinistra.
Gli ordini professionali devono campare e fare la scalata
sociale, e quindi si devono ingraziare l’establishment orientato a sinistra.
Ma questa classe dirigente della “buona” destra da dove deve
uscir fuori? Dal circolo caccia e pesca
di Voghera o dal club forza Lazio di Frascati?
Però la sinistra è autenticamente dispiaciuta che non ha un
avversario all’altezza. E quando lo ha avuto, Berlusconi, ha fatto di tutto e
di più per bruciarlo, in un ancora più autentico spirito di profonda
democrazia, sul rogo.
È nato pure un movimento, quello di Filippo Rossi, che si
chiama La Buona Destra, ma i media, guarda caso strano, anche loro quasi tutti
orientati a sinistra, non lo cagano di pezza tranne qualche raro invito per
dare della burina alla Giorgia nazionale.
Al di là dell’ipocrisia lo abbiamo capito.
La buona destra è quella morta.
Giovanni Pizzo