Il presidente della Consulta ha incontrato a Catania gli studenti del Dipartimento di Giurisprudenza. Presentato il docufilm che racconta il viaggio dei sette giudici nei penitenziari italiani
CATANIA – Un “viaggio” nelle carceri italiane tra Carta Costituzionale, illegalità e anche emarginazione. Un argomento su cui negli ultimi anni si sono accesi spesso i riflettori dell’opinione pubblica, in particolar modo sul tema dei diritti umani dei detenuti tra pene detentive e funzione rieducativa della pena stessa. Ne ha discusso martedì pomeriggio, con gli studenti del dipartimento di Giurisprudenza, il presidente della Corte costituzionale, Giorgio Lattanzi, prendendo spunto dalla proiezione del docufilm di Fabio Cavalli, prodotto da Clipper Media con Rai Cinema, dal titolo “Viaggio in Italia: la Corte Costituzionale nelle carceri”.
Un docufilm che racconta il viaggio di sette giudici della Corte Costituzionale che incontrano i detenuti di sette istituti penitenziari italiani. E dal film al “viaggio” cominciato il 4 ottobre a Roma dal Carcere di Rebibbia, cui sono seguite le tappe negli istituti penitenziari di Milano, Nisida, Terni, Genova e Lecce, ma anche nei tribunali, nei teatri e negli atenei di Firenze, Napoli e anche Catania.
“Questo è un viaggio nel viaggio perché grazie al film riusciamo a illustrare il significato del primo, quello nelle carceri a contatto con i detenuti – ha esordito il presidente della Consulta Lattanzi -. Il film commuove e ci fa capire cose che altrimenti non avremmo potuto comprendere. Il carcere viene visto come un qualcosa che non ci riguarda, che è da un’altra parte e, invece, il carcere è una parte del Paese con delle persone reali che hanno i diritti di ogni persona anche se in qualche misura affievoliti o limitati dall’esistenza della prigione”.
Il presidente della Corte costituzionale, inoltre, si è soffermato anche sulla situazione delle carceri definendola “comunque meno drammatica di quella che possa immaginare anche se sta aumentando il numero dei detenuti”. “La Costituzione è di tutti, la Costituzione non conosce le mura del carcere e anzi può essere vista come un ponte per il mondo esterno” ha concluso il presidente Lattanzi alla presenza, tra gli altri, del rettore dell’Università di Catania Francesco Priolo, del decano di Giurisprudenza Vincenzo Di Cataldo, del prof. emerito di Diritto processuale penale Delfino Siracusano, del prof. di Diritto costituzionale Gianluca Ferro, del prof. di Diritto processuale Fabrizio Siracusano e del direttore della Casa circondariale “Piazza Lanza” Elisabetta Zito.
In Italia, ormai, si è arrivati a oltre 60mila detenuti per poco più di 50mila posti in carcere con ben 8 mila detenuti in più rispetto a tre anni e mezzo fa e un tasso di affollamento che sfiora attualmente il 120% che ha causato innumerevoli condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo. Proprio il legislatore nell’ottobre scorso ha varato la Riforma dell’ordinamento penitenziario che ha apportato modifiche in tema di assistenza sanitaria, di semplificazione delle procedure e di accesso alle misure alternative. E sulla maggiore flessibilità della pena si discute da anni anche alla luce dei dati che testimoniano come i detenuti affidati al circuito carcerario tornano a delinquere nel 68% dei casi, mentre il tasso di recidiva tra chi è affidato a misure alternative si ferma al 19 per cento.
Nel corso dell’incontro con gli studenti il rettore Priolo ha evidenziato che “si tratta di un tema particolarmente importante sui diritti dei detenuti e sul ruolo della Carta costituzionale vigente da 70 anni che segna i diritti di tutti i cittadini e della Consulta che rappresenta il luogo in cui i nostri diritti vengono difesi”. Per il prof. Di Cataldo “negli ultimi anni è mutata la consapevolezza della situazione dei detenuti e si pensava che la detenzione fosse un problema di una fascia circoscritta della popolazione, di soggetti diversi di cui nessuno si preoccupava”.
“Ma non è così e, infatti, è maturata una progressiva presa di coscienza dell’importanza del tema per l’intero sistema sociale e non a caso la Corte costituzionale è stata protagonista di questo cambiamento radicale di prospettiva” ha aggiunto il docente.