Ermanno Olmi, che non ricordava la Prima guerra mondiale, ma ricordava bene la Seconda, era contro la guerra sempre e comunque e parlava della Prima guerra con parole che riproduco, nella speranza che ci aiutino a riflettere sui conflitti in generale e su quella che tanti folli hanno, passo dopo passo, preparato:
“La grande Guerra sull’Altopiano”
“Di qua il prete che ti benedice e di là il carabiniere che, se non esci dalla trincea, è pronto a spararti”. Sono passati più di quarant’anni da quella volta che Toni Lunardi, un vecchio pastore dell’Altopiano, mentre stavamo sul bordo di un camminamento, mi indicava il punto della trincea da dove i soldati dovevano uscire per andare all’assalto. ‘O vai a morire là fuori o muori subito qua dentro’. Seicentomila soldati italiani lasciarono la loro giovinezza sui campi di battaglia per ordine dei loro comandanti criminali. Bisognerebbe scriverlo sui monumenti, in fondo all’elenco dei caduti: ‘Questi sono i nomi di giovani uomini sacrificati all’assurdità delle guerre per ordine dei loro generali’. I loro nomi, scolpiti sulle lapidi, sembrano nomi da poveri. Toni Lunardi stava in silenzio. Si riscosse solo quando da lontano giunse l’abbaiare dei cani che radunavano le vacche per la mungitura. “Andemo per ‘sta parte de qua” mi disse nel suo dialetto limpido, essenziale, da montanaro. Non era un suggerimento e neppure un ordine. È così e basta. Prendemmo per un sentiero appena tracciato sull’erba del pascolo. Toni Lunardi conosceva tutte le vie che portavano dove si vuole andare. E se non c’erano sentieri, lui sapeva ugualmente come orientarsi. ‘Mai attraversare ‘mugare’. I pini mughi sono traditori: credi di mettere i piedi sul sicuro e loro invece cedono e ti fanno sprofondare’. È vero: ci si può rompere una caviglia e non si torna più a casa. Camminava silenzioso e solo ogni tanto mi indicava qualcosa: ‘Vedi quell’erba là, com’è più verde dell’altra? Là sotto ci sono quelli che si sotterravano dopo gli assalti’. Si fermò prima di proseguire: ‘Quell’erba è cresciuta sulla carne umana’. Era il 1967 quando vidi quel prato coi miei occhi. Cinquant’anni dopo le tracce della grande Guerra non erano ancora scomparse. Quasi altrettanti anni sono trascorsi da quando pronunciò quelle parole. Ma io non le ho più dimenticate. Allora, Toni Lunardi aveva ottantun anni. Gli stressi anni che ho io adesso. Aspettai che fosse lui a muoversi, secondo il tempo dei suoi pensieri. Non rimase a lungo in silenzio. ‘Dopo tutti questi morti, cos’è cambiato? Finita la guerra, quelli che l’hanno scampata tornano ognuno a casa propria, che tanto non cambia mai niente’. Per il resto della strada non disse altro”.
Quando il 1 agosto 1914 iniziò la Grande Guerra, Giuseppe Prezzolini fu subito interventista contro l’Austria-Ungheria. Il suo interventismo non fu nazionalista né irredentista ma motivato da una concezione etica della guerra, come una sorta di esame per i popoli “Si tratta di passare il nostro esame. Fummo, finora, una nazione aspirante al grado di grande. Oggi non si tratta neppure di questo ma di ben altro: si tratta di sapere se siamo una nazione”.
continua…

