La mia esperienza all’ospedale di Paternò, assistenza e strumentazioni troppo carenti - QdS

La mia esperienza all’ospedale di Paternò, assistenza e strumentazioni troppo carenti

redazione

La mia esperienza all’ospedale di Paternò, assistenza e strumentazioni troppo carenti

venerdì 08 Gennaio 2021

Caro Direttore,

Volevo condividere l’esperienza che ho vissuto giorno 2 gennaio del 2021 presso l’ospedale Ss. Salvatore di Paternò (Ct), storia che ha dell’incredibile. Con lo scopo di non farvi incombere in situazioni simili e magari di poter far arrivare il messaggio a chi di dovere per poter intervenire in modo radicale su una struttura che ormai è arrivata al collasso.

Mi reco all’ospedale alle ore 5:40 del mattino del giorno sopra citato, in quanto mia moglie accusava forti dolori all’addome e presentava uno stato febbrile preoccupante, al nostro arrivo al pronto soccorso dell’ospedale Ss. Salvatore di Paternò non erano presenti altri pazienti, quindi procediamo verso il triage di accoglienza (posto all’esterno del pronto soccorso prima dell’ingresso), dove è presente l’infermiera di turno, che dopo aver registrato la paziente con le consuete domande, effettua il tampone rapido come da prassi; dopo aver accertato la negatività del test, al triage si presenta il medico di turno, che con aria confusa e infastidita cercava di abbozzare varie patologie senza effettuare alcuna visita e lasciando la paziente all’esterno della struttura al freddo e con dolori lancinanti; Successivamente invitano mia moglie a misurare la temperatura, e da questo momento in poi sinceramente credevo di essere finito su una “Candid Camera”. L’infermiera ci consegna un termometro a mercurio (in piena pandemia non c’è metodo meno igienico per effettuare una misurazione), e con una calma olimpionica ci dice di attendere 5 minuti.

Finita l’attesa si attesta che la paziente ha una febbre con una temperatura di 40° e ci viene comunicato che avendo uno stato febbrile non può entrare nella struttura e quindi non può essere visitata ( incredibile! quindi visitano solo le persone che stanno bene). Dopo qualche minuto di stallo, ritorna l’infermiera dicendo che può effettuare una visita, ma solo nello stand che si trova poco più avanti, sempre all’esterno della struttura. Ci incamminiamo verso lo stand io mia moglie e la solita infermiera (era lei che doveva fare la visita), del dottore non abbiamo avuto più notizie, e qui preparatevi al gran finale: mentre si cimenta faticosamente ad aprire lo stand, dall’interno escono impauriti due grandi cani randagi! A questo punto l’infermiera, un po’ imbarazzata, ci dice con molta onestà: “neanche io mi sarei fatta visitare in queste condizioni, non è molto igienico! Vi consiglio di andare a Biancavilla, la prossima volta andate direttamente lì, che sono più attrezzati!”; Ovviamente siamo andati via ( l’avremmo fatto anche senza il prezioso consiglio dell’infermiera).

Ricapitolando, dopo mezz’ora di inutile attesa la paziente non è stata visitata e non ha ricevuto alcun aiuto. Dal momento in cui siamo arrivati neanche per un attimo ci siamo sentiti al sicuro o protetti. eravamo increduli e soprattutto delusi per aver creduto di poter usufruire nella propria città di un servizio di sanità che fondamentalmente non esiste. Per onor di cronaca vi comunico che subito dopo ci siamo recati all’ospedale Cannizzaro di Catania, tutta un’altra storia, dopo aver effettuato sia il tampone rapido che quello molecolare, in 10 minuti era già dentro la struttura sotto osservazione, e in meno di 2 ore avevano già fatto: 2 ecografie, analisi al sangue, esami urine e Tac, super efficienti e professionali. Complimenti davvero.

Allora mi chiedo e Vi chiedo in queste condizioni non è meglio tener chiusa una struttura così inefficiente? Prima di tutto per non illudere i cittadini di poter essere curati o assistiti in caso di necessità anche perché si rischia di perdere del tempo prezioso nei casi gravi; e successivamente evitare lo spreco di soldi pubblici, tenere una struttura attiva ha un costo non indifferente, quindi meglio utilizzare questi soldi per altro o impiegare queste persone in strutture dove possono dare il loro contributo.

Davide Terranova
Catania

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