continua dal QdS del 25/2/2025
Cotrugli sviluppa i suoi insegnamenti partendo, come facciamo noi, da una riflessione su natura e funzione dell’impresa. Un grande obiettivo di Cotrugli è quello di illustrare la natura e la funzione dell’impresa nell’ambito della società.
Ho trovato in Cotrugli la più limpida, chiara e convincente definizione di quella che noi chiamiamo “impresa” e che lui chiama “mercatura”. L’ho posta a raffronto con definizioni del nostro tempo e questo ci porta nel cuore di uno dei più attuali e tormentati dibattiti sulla natura e funzione dell’impresa. Scrive Cotrugli: “Mercatura è arte overo disciplina intra le persone ligiptime, iustamente ordinata in cose mercantili, per conservatione de la humana generatione, con ispereanza niente di meno de guadagno”.
Cotrugli non nega che il profitto (accumulazione) sia un essenziale obiettivo dell’impresa e dell’agire del mercante. In vari passaggi rimarca e ribadisce, con vigore, il fine dell’arricchimento da parte del mercante-imprenditore. Ma la sua azione deve muoversi entro tre precisi paletti: deve svolgersi tra persone legittimate a praticare tale attività (antico principio di legalità); deve essere giustamente ordinata (antico principio del neminem laedere); deve portare al profitto attraverso la realizzazione di attività utili all’uomo e alla società (“per conservatione de la humana generatione”).
Paragoniamo la definizione a quella di un maestro della moderna teoria d’impresa, a mio giudizio il più importante maestro d’impresa della seconda metà del XX secolo, Peter F. Drucker: “Le imprese (…) sono organi della società. Esse non sono fini a sé stesse, ma esistono per svolgere una determinata funzione sociale (…). Esse sono strumenti per assolvere fini che le trascendono”.
In entrambe le definizioni il profitto è la legittimazione e l’obiettivo centrale, ma solo se realizzato attraverso il perseguimento di un compito utile e legittimo allo sviluppo della società. E, dunque, grazie a questa coincidenza posso tranquillamente riprendere una delle mie lezioni: “Un’etica d’impresa non può essere derivata che dalla natura e dalla funzione dell’impresa nella società umana”.
Le imprese, afferma Drucker, sono organi della società, non sono fini a sé stesse, ma esistono per svolgere una determinata funzione sociale, sono strumenti per assolvere “fini che le trascendono”. Quali fini? Essenzialmente quello di contribuire allo sviluppo attraverso una continua creazione di produttività. Cotrugli è d’accordo, come è d’accordo con la concezione dell’impresa e delle sue funzioni diffusa fino all’inizio degli anni Ottanta del XX secolo, quando inizia a svilupparsi una diversa concezione che, rapidamente, diviene dominante.
Secondo tale concezione l’obiettivo unico ed esclusivo dell’impresa e del suo management è quello del profitto finanziario e dell’accumulazione di valore a favore esclusivo degli azionisti (il cosiddetto shareholder value). Qui basti sottolineare che la concezione delineata da Cotrugli è pienamente coerente e conciliabile con quella delle migliori scuole d’impresa sino a circa quarant’anni fa, mentre diventa inconciliabile con la concezione dominante dal 1980, che è poi quella che ci porta diritti alla grave crisi finanziaria del 2008 con tutto quello che ne consegue.
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