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La politica siciliana e quel teatrino infinito. La salvezza passa solo dagli “optimates”

La politica siciliana e quel teatrino infinito. La salvezza passa solo dagli “optimates”
Regione Siciliana

Negli ultimi giorni l’Isola, tra inchieste e diatribe di Palazzo, è stata al centro di vicende non certo lusinghiere. In un clima di totale sfiducia si avverte la mancanza di una classe dirigente competente

PALERMO – Molti i fatti, riguardanti la Sicilia, che in queste ultime settimane hanno riempito le pagine dei quotidiani italiani. Provare a metterli in fila non è un’impresa facile. E se, in un primo momento, a fare scalpore erano state le dichiarazioni di Manlio Messina sui “Fratelli Coltelli” che lo avevano costretto alle dimissioni, in un secondo momento era stata l’indagine della Procura di Palermo – che aveva chiesto gli arresti domiciliari per Totò Cuffaro e altri 17 indagati eccellenti, tra cui Saverio Romano – a scuotere i palazzi del potere. Dall’inchiesta era emerso un quadro a tinte fosche che, per i pm, è “rappresentativo dell’attualissimo potere di influenza e di ingerenza del Cuffaro nella gestione strategica dei posti di maggiore responsabilità nel mondo della sanità regionale”. L’indagine della Procura di Palermo sull’ex presidente della Regione racconta la Sicilia di sempre. Certamente, le accuse di corruzione andranno provate in tribunale, ma lo sfondo su cui le vicende si sviluppano non necessita di un sentenza definitiva; accostarsi al potere resta per molti il modo migliore per tagliare un traguardo in barba a un sistema sanitario che non funziona, alle interminabili liste di attesa per i comuni mortali, all’indice di disoccupazione e di povertà, alla qualità della vita e dell’ambiente.

Al di là dell’innocenza o della colpevolezza degli indagati, di cui si occuperà la magistratura, emergono due ordini di problemi. Da un lato, la scarsa moralità e qualità della classe politica e lo scollamento tra rappresentanti e rappresentati i quali, sempre più spesso, decidono di non andare a votare, non riconoscendosi più in coloro che, anziché lavorare per il bene collettivo, brigano per i propri interessi personali o per quelli della propria famiglia o consorteria. Ed ecco, su questa questione, intervenire a gamba tesa il ministro per la Protezione civile e per le Politiche del mare ed ex governatore della Regione siciliana, Nello Musumeci: “La Regione siciliana è fondata sul sistema clientelare e sul consociativismo parlamentare, lo diceva Giuseppe Alessi parlando nell’immediato dopoguerra. Quindi, nessuno si sorprenda. Il problema è capire se si accetta questo sistema e si diventa complici o se invece ti metti di traverso e allora ti isolano e diventi divisivo, diventi un problema. Questa purtroppo è la tara che si porta dietro la politica siciliana. Non aggiungo altro, per carità di patria”. Queste le parole pronunciate dal ministro a Palermo, rispondendo ai cronisti, sull’inchiesta della Procura di Palermo che ha travolto la Dc di Totò Cuffaro.

A seguito dell’inchiesta e delle intercettazioni, il presidente della Regione Renato Schifani ha revocato le deleghe ai due assessori Dc Nuccia Albano e Andrea Messina mentre Cuffaro si è dimesso da segretario nazionale della Dc. Non solo, Schifani ha estromesso, in un primo momento, lo scudocrociato anche nelle scelte per la guida degli enti controllati dalla Regione per dimostrare la linea dura ma, in secondo momento, per opportunità politica ci ha ripensato, ha convocato una giunta e nominato anche loro. A complicare il quadro, e a riempire le pagine dei giornali nazionali, anche la polemica sul Premio ”Custode per l’ambiente”, che ha scatenato le opposizioni e alimentato nuove tensioni politiche.

In tutto questo marasma, ecco spuntare da un lato Giuseppe Conte, baldanzoso dopo il successo di Fico in Campania, per partecipare alla protesta contro il Governo regionale, dall’altro Salvini che, ringalluzzito dai voti ottenuti in Veneto per merito di Zaia, lascia intendere di voler proporre un esponente della Lega anche in Sicilia.

Ma subito è arrivata la risposta di Forza Italia tramite il senatore Maurizio Gasparri e il segretario regionale Marcello Caruso che frenano i suoi desideri perché già da tempo ipotizzano una candidatura bis di Renato Schifani. “Ben vengano – ha detto Gasparri – i suggerimenti di chiunque per migliorare le cose. A maggior ragione se i suggerimenti vengono da alleati del centrodestra… Ma per quanto riguarda, ad esempio, la Sicilia noi sappiamo che ogni suggerimento sarà utile partendo dal presupposto che Forza Italia guida e continuerà a guidare la Regione siciliana“. Salvini però non demorde e considerato il fatto che risulta difficile la candidatura di Luca Sammartino, forse per le sue vicende giudiziarie, lancia la proposta di Buttafuoco che potrebbe rappresentare la mossa in grado di sfuggire alle rigide dinamiche dei palazzi politici e rendere sostenibile l’ambizione della Lega di poter “suggerire” il candidato alla presidenza della Regione. Salvini vorrebbe far coincidere la stagione della prevista costruzione del Ponte sullo Stretto con la presenza in Sicilia di un governatore indicato dalla Lega. Ma, contro l’infrastrttura, sono scesi in piazza a Messina sia Elly Schlein che Angelo Bonelli per partecipare al corteo e per dire “al Governo di fermarsi su un progetto – l’obiezione Schlein – che il Pd ritiene sbagliato e dannoso sia dal punto di vista economico, che ambientale e sociale”. Al corteo si sono uniti anche diversi esponenti pentastellati.

In tanti, da destra, parlano di un periodo difficile per la classe politica dirigente, da sinistra parlano di inadeguatezza dei rappresentanti del governo regionale, di mancanza di senso dello Stato, di incompetenza della classe politica e citando Pareto, Mosca, Michels rimpiangono l’assenza di una classe politica competente. Forse come ha scritto, recentemente, Marcello Veneziani, che certamente non è di sinistra, per uscire “dalla riduzione della politica al gioco (delle bocce), per far cadere a uno a uno i birilli di governo” occorre “alzare decisamente il tiro e porre una questione culturale che ha un’enorme ricaduta pratica, politica e civile. Da tempo diciamo che la politica non si divide più tra destra e sinistra ma tra alto e basso. Da una parte ci sono le élites e dall’altra i popoli. Vista in superficie la tesi è fondata, anzi scontata e la sosteniamo convinti da tempo”. “Da una vita – continua Veneziani – mi sforzo di correggere coloro che disprezzano le élites contrapponendovi il popolo: distinguiamo, dico, tra le élites che sono aristocrazie, i migliori, gli optimates di classica memoria, e le oligarchie, che sono le caste privilegiate che comandano e fanno i loro interessi sulla pelle dei popoli. La differenza tra élites e oligarchie è la stessa che corre tra classi dirigenti e classi dominanti: le prime si assumono la responsabilità di guidare una società, le seconde si arrogano il privilegio di sovrastarle”. Ed anche Veneziani, che ha studiato Pareto, sostiene che “le élites ci sono sempre state nel mondo e sono necessarie, trainanti: in ogni campo c’è una minoranza eletta, un’aristocrazia fondata sulla qualità, l’eccellenza, il merito e il valore. Nessuna società, nessuno Stato, nessuna politica può fare a meno delle élites. Se lo fa, va verso la sua decadenza”.

“È necessario – conclude Veneziani – che ci siano guide, classi dirigenti, che prevedono… il leader e il popolo, ma anche i gradi intermedi, le élites. Questa mancata considerazione della qualità… ha una forte ricaduta sui governi e spiega la scarsa qualità delle classi dirigenti, non sottoposte a una selezione, ma solo a un meccanismo elementare di fedele sottomissione al leader o ai suoi delegati e al più di consenso elettorale. Per un buon governo, il consenso popolare conta quanto la qualità che comprende l’eccellenza, la competenza, i meriti, le virtù… l’esperienza storica… Non basta la partecipazione popolare per fare un buon governo, occorre anche la qualità delle decisioni e dei decisori”.

Pina Travagliante
Professore ordinario di Storia del pensiero economico presso l’Università degli Studi di Catania