“La proprietà dell’aeroporto resta pubblica Si valuta solo la vendita di quote della Sac”

CATANIA – L’aeroporto è sulla strada della privatizzazione. Negli ultimi anni è cresciuto senza sosta e, stando alle stime della Sac, il futuro potrebbe essere ancora più roseo. La struttura però, ha bisogno di alcuni investimenti strutturali che i soci in questo momento non sono in grado di potere garantire.

“Il sistema integrato Catania-Comiso rappresenta, di fatto, l’unica infrastruttura a servizio di gran parte delle province siciliane. Il trend di crescita è costante, come confermano i dati di Pasqua, periodo nel quale si prevede un totale di oltre 1.500 movimenti, tra arrivi e partenze, con una crescita del 10,21%. Di questi, 620 sono di provenienza o diretti verso destinazioni di tipo internazionale, comparto che presenta una crescita del +18,54%”, spiega Nico Torrisi, amministratore delegato della Sac.

Non si tratta di una vendita del 100% delle quote dei soci come si potrebbe ipotizzare. “Tra le varie possibilità è stata preferita la strada della cessione di una quota di maggioranza a un partner privato selezionato con procedura ad evidenza pubblica”, afferma Nico Torrisi. “La proprietà dell’aeroporto è e resta pubblica – aggiunge – Si sta valutando la possibilità di cedere parte delle quote della società di gestione. La crescita di Catania, che entro qualche mese raggiungerà i 10 milioni di passeggeri, necessita di investimenti concreti che il pubblico non sempre può garantire”.

Un aspetto che ribadisce al nostro giornale anche il presidente della Camera di Commercio del Sud-Est, Piero Agen. “Il mandato è per vendere fino al 70% del totale delle quote a cui si arriva sommando parte delle percentuali di ogni socio. Vogliamo mantenere una quota che ci permetta di controllare che il privato che verrà non sia uno speculatore. La gara sarà fatta chiedendo anche il progetto industriale, infatti. Non si vincerà solo per l’entità dell’offerta, ma anche per la qualità del progetto di sviluppo”, afferma.

Il dubbio dell’operazione riguarda gli Enti in default. Possono comunque conservare le loro quote? Un quesito che ad oggi non ha avuto risposta, ma che dovrà essere chiarito al più presto. Una risposta positiva significa infatti che per arrivare al tetto del 70%, all’aumentare delle quote vendute dai soci in difficoltà economica, diminuirebbero quelle vendute da Sac.

In questo contesto, la decisione del Consiglio comunale di Catania di non vendere il proprio 2,2% non influisce. Si tratta di una percentuale troppo bassa per avere un peso rilevante. La decisione dipende da una clausola che lega Comune e Regione. “La quota sociale di Catania è stata determinata dal cedimento di un terreno vincolato per usi civici. Quando fu deciso questo passaggio – spiega il psindaco Salvo Pogliese – fu inserita anche la clausola che prevede, nel caso di cessione delle azioni, che l’eventuale introito vada all’assessorato all’agricoltura della Regione. In cambio, questa potrebbe eventualmente finanziare un’opera pubblica su indicazione del Comune”.
A Catania, dunque, non conviene vendere. Se n’è parlato anche durante l’assemblea Sac con il beneplacido dei soci. Diverso è il caso della Città Metropolitana che detiene poco più del 12%. “Eventualmente lì potrebbe essere possibile, ma dobbiamo ancora valutare alcune norme, anche regionali, e bisogna capire in che termini possiamo eventualmente vendere alcune quote”, spiega Pogliese.

Desirée Miranda