Nella foresta vi era la Rana dalla bocca larga, la quale diceva a tutti che se avesse incontrato Re leone gli avrebbe fatto un “mazzo” così. Re leone, conosciuta la minaccia, si recò da chi aveva pronunciato quella frase e le chiese: “Sei tu la Rana dalla bocca larga?”. Quest’ultima, chiudendo al bocca a “O”, rispose: “Chi, io?”. Ogni riferimento è casuale.
Volodymyr Zelensky ha chiesto audizione al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, confermando che si sarebbe recato da lui per firmare l’accordo sulle Terre rare, nonché per valutare il percorso necessario al fine di concludere questa tremenda guerra, cominciata con l’invasione delle truppe russe il 24 febbraio 2022.
Dall’ufficio della Stanza Ovale gli hanno fatto sapere che il presidente Trump avrebbe gradito riceverlo vestito come si fa in queste occasioni quasi solenni. La prima sorpresa all’ingresso della Casa Bianca è stata vedere che invece il presidente ucraino si era presentato con la solita divisa, seppur nera, anziché verde.
Davanti a tutte le televisioni del mondo è iniziata una discussione (si fa per dire) che ha preso decisamente un binario morto, nel quale il treno dell’ipotetico accordo si è sfasciato.
Zelensky avrebbe dovuto cominciare col ringraziare gli Stati Uniti, che in tre anni hanno fornito denaro, armi, informazioni dell’Intelligence, strumenti digitali e informatici e via enumerando per centinaia di miliardi di dollari. Ma non l’ha fatto, anzi ha cominciato mettendo una serie di paletti all’inizio della discussione.
Sia Trump che il suo vice presidente Vance hanno replicato con grande durezza e hanno maltrattato ripetutamente Zelensky, trattandolo come un pivello che non sapeva di cosa parlasse e che riteneva di essere andato negli Stati Uniti per imporre condizioni, anziché per valutare quelle che gli venivano comunicate.
Possiamo dire che la conclusione di questo evento, nei centotrentanove minuti di diretta, sia stato drammatico non solo per il contenuto in sé, ma soprattutto per gli sviluppi e per gli enormi danni che ricadranno sul popolo ucraino.
L’Unione europea e il primo ministro britannico, il socialista-laburista Starmer, con la Francia e un poco di Germania, hanno subito fatto quadrato attorno a Zelensky. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è stata più cauta e ha ragionevolmente indicato la via del dialogo per imboccare la strada della pace.
A proposito della stessa, è utile ricordare che è del tutto demagogico pensare a una “pace giusta” perché come in tutti i negoziati, bisogna puntare a una “pace possibile”.
Ora, la situazione dev’essere recuperata, perché è chiaro che se Zelensky mantiene questa sua posizione sperando nell’aiuto di alcuni Paesi europei, non va da nessuna parte. D’altro canto, l’Unione europea non ha risorse finanziarie, né armi, né eserciti in condizione di sostituire gli aiuti che fino a oggi sono arrivati dagli Usa all’Ucraina. E dunque? Sembra evidente che tutte le parti debbano mettere la massima e buona volontà per raggiungere, appunto, la “pace possibile”.
L’informazione radio-televisiva pubblica e i giornaloni hanno comunicato all’opinione pubblica, anche italiana, manifestazioni di solidarietà al Popolo ucraino e al suo presidente. A conferma di ciò hanno trasmesso immagini di alcuni cortei di solidarietà sia in quel Paese che in Italia. Ma così hanno dimostrato la presenza solo di alcune decine di persone, del tutto insignificanti per quel bisogno.
Non riusciamo a intercettare le fonti ucraine avverse a Zelensky, cioè le voci di quel Popolo stanco di vedere morire centinaia di migliaia di propri figli, di vedere distrutte le proprie città e di “vivere” tre anni di vita disperata.
Quel Popolo probabilmente vuole la pace, ma il suo presidente e i potentati che lo sostengono hanno difficoltà a raggiungerla.
È vero, come scrivevamo tre anni fa, che il prezzo della pace sarà la rinunzia ai territori, ma non ci si può comportare come Attilio Regolo; bisogna essere ragionevoli perché l’interesse del Popolo ucraino dev’essere messo al primo posto, portando nell’angolo gli affari, sporchi o puliti.

