Il trend dei suicidi da parte di giovani laureandi in Italia preoccupa sempre di più: ecco le cause secondo gli esperti e come prevenirli
La paura del fallimento, di non rispettare aspettative e di non sopportare le pressioni, di non riuscire a stare al passo di un mondo che corre e non esita a puntare il dito contro al primo inciampo. L’ansia e la preoccupazione diventano compagne di vita, indirizzando la scelta sull’apparire anziché essere, accompagnando chi non riesce a gestirle in un tunnel di bugie e falsità da cui, purtroppo, è quasi impossibile poi riuscire a riemergere.
La morte della giovane studentessa napoletana a Somma Vesuviana, in provincia di Napoli, è l’ennesimo caso di un trend che in Italia continua spaventosamente a crescere anno dopo anno: quello dei suicidi da parte di studenti universitari. La 26enne aveva raccontato alla famiglia e al fidanzato di trovarsi ormai a un passo dal conseguimento dell’agognata laurea in Lettere Moderne alla “Federico II”, con la tesi da discutere addirittura entro pochi giorni. La realtà, però, era molto diversa: alla ragazza, infatti, mancava ancora un esame, l’ultimo e più faticoso, prima di poter arrivare al titolo. La studentessa non è riuscita più a sopportare un peso diventato macigno: così ha scalato il Monte Somma e si è lanciata nel vuoto, rinunciando alla propria vita per fuggire dal pregiudizio altrui.
“Suicidi tra gli studenti fenomeno radicato nel tempo: le cause”
Dalla ricerca ossessiva della perfezione per guadagnare l’approvazione altrui, alla mancanza dei propri affetti per chi si trova a studiare fuori sede. Alla base dei gesti estremi di numerosi studenti, vi sono diversi fattori.
Per avere un quadro più chiaro di questa drammatica situazione abbiamo intervistato il prof. Gianluca Pandolfo e il dottor Antonino Reitano, rispettivamente docente di Psichiatria e specializzando in Psichiatria presso l’Università degli Studi di Messina.
“Siamo sicuri che si tratti di un fenomeno in crescita soltanto adesso e non invece presente già nel passato ma nascosto dalla cultura esistente in Italia e dallo stigma riferito a questa tipologia di eventi? – si chiede Reitano – Oggi esiste infatti una maggior possibilità di diffondere e venire a conoscenza di notizie di questo tipo, cosicché i dati risultino maggiorati: credo, come detto, si tratti invece di un terribile fenomeno radicato nel tempo. Un fatto importante che può identificarsi tra le cause che portano al suicidio tra i giovani e nello specifico degli studenti universitari, è l’aumento del trend perfezionistico e le richieste sempre più smisurate da parte della società in cui viviamo. Per chi si trova fuori sede può pesare la lontananza degli affetti più cari e la mancanza di protezione nei momenti delicati. C’è però, soprattutto, la sempre più incessante inclinazione a ricercare l’approvazione altrui, per esempio dei genitori o degli stessi professori, e nel caso in cui non ci si riesca, gli studenti possono arrivare a considerare il gesto estremo”.
“L’isolamento ha aggravato la condizione degli studenti, in molti hanno paura del futuro”
A danneggiare la psiche di soggetti già fragili hanno concorso diversi fattori, in primis l’isolamento vissuto durante la prima fase della pandemia da Covid. La crisi socio-economica attuale, scaturita dalla guerra in Ucraina, sta facendo invece svanire in tanti la fiducia verso il futuro.
“Il periodo storico in cui viviamo, penso soprattutto all’isolamento in piena pandemia da Covid, ha sicuramente colpito maggiormente la categoria degli studenti che non sono più andati a lezione, che non hanno più potuto frequentare università e colleghi, svolgere tirocini – concordano i due esperti -. E’ venuto a mancare il senso del gruppo, la socialità, il rapportarsi con l’altro. Anche l’attuale crisi socio-economica o la stessa guerra scoppiata in Ucraina, hanno leso la psiche di soggetti già di per sé molto fragili. Tra le cause capaci di istigare al suicidio negli universitari può esserci anche la mancanza di fiducia verso le istituzioni e verso il proprio futuro: l’assenza di miglioramenti nel medio-lungo termine può portare il giovane a non avere più voglia di vivere. Il ruolo dei genitori, inoltre, è molto importante: la famiglia deve mirare all’empatia nel rapporto con i propri figli, senza incorrere nel giudizio e nella critica, occorre evitare di far vivere i ragazzi in una clima di tensione. Sentirsi sempre giudicati, sotto esame, costretti ad essere perfetti e portare a casa risultati schiaccia i ragazzi e può portare ad una vera e propria distruzione mentale. I genitori sono chiamati a condividere il maggior numero di cose possibili con i figli e non costantemente a giudicare”.
“Le istituzioni devono incentivare la psicoterapia per coloro che ne hanno bisogno”
Dal punto di vista psichiatrico, secondo quanto affermato da Pandolfo e Reitano, esiste la possibilità di aiutare nel concreto chiunque si trovi in difficoltà. I medici, però, lanciano un appello alle istituzioni, le quali devono assolutamente incentivare e rendere accessibili a tutti i percorsi di psicoterapia adeguati.
“Sì, esistono strumenti dal punto di vista scientifico per tentare di aiutare i giovani e gli studenti più in difficoltà, combattendo e prevenendo eventi tragici di questo tipo – concludono Pandolfo e Reitano -. Il primo è naturalmente la valutazione clinico-psichiatrica che consta di sintomi osservabili, comportamenti ed elementi anamnestici che possono essere associati all’attuazione dell’intento suicidario. La parte più importante della valutazione è quella che mira ad andare ad esplorare l’ideazione suicidaria, cioè le motivazioni, gli intenti e la pianificazione dell’estremo gesto. In seguito, è poi necessario indagare sulle circostanze relative al suicidio come precedenti tentativi, eventuali disturbi mentali associati, le fantasie relative al suicidio, abuso di sostanze, familiarità con il suicidio ed eventi precipitanti che possono esserci dietro. Oltre l’ideazione suicidaria, ciò che è importante andare a scoprire sono la riduzione e le ragioni di vita. Il clinico, quando va a fare una valutazione del rischio suicidario, deve essere informato su tutte le componenti sopra descritte: ideazione, valutazione del rischio e le ragioni per cui vivere. Oltre la valutazione clinica, svolta mediante colloquio, esistono test validi per una valutazione psico-metrica che va a riguardare sia l’ideazione suicidaria, sia l’intenzionalità suicidaria che le ragioni per cui vivere. Nei casi più delicati, è opportuno poi indirizzare i soggetti verso la psicoterapia o un trattamento farmacologico qualora ce ne fosse l’esigenza. A proposito di ciò, lancio un appello alle istituzioni: occorre aumentare le possibilità offerte ai giovani e agli studenti nello specifico, come supporti psicologici, counseling, percorsi di psicoterapia gratuiti o perlomeno economici. In Italia la psicoterapia tende ad avere costi esorbitanti e non tutti possono permettersela: questo può generare sfiducia ad andare a fare un percorso del genere. La cura è fondamentale, ma la prevenzione lo è ancor di più”.
I recenti casi dello studente palermitano e della 19enne allo Iulm
Quella della studentessa napoletana è soltanto l’ultima delle tragedie che continuano a mietere vittime tra i più giovani. Lo scorso gennaio, un ragazzo di 23 anni di Palermo, iscritto al terzo anno in Economia e commercio, ha deciso di farla finita per lo stesso motivo: non essere in regola con le materie e aver mentito alla famiglia e agli amici. Gli mancavano soltanto 5 esami, per lui troppi, divorato dal senso di competizione che la società odierna tende a rendere opprimente e letale. “Fallimento, politica e società”, questo il bigliettino che il 23enne siciliano ha scritto in punto di morte agli affetti più cari, lasciandoli per sempre dilaniati dal dolore. Drammi, veri e propri. Come quello della 19enne trovata senza vita nei bagni dell’Università Iulm di Milano, previo messaggio di “scuse per il fallimento nella vita e nello studio” lasciato vicino al suo corpo prima di farla finita.
Situazione preoccupante in Italia: i numeri
I numeri relativi a questo terribile fenomeno appaiono preoccupanti ed in costante crescita. Da uno-due casi l’anno pre-pandemia, secondo un report elaborato dal portale Skuola.net – soltanto nel 2022 si è arrivati a quattro morti accertate legate a motivi di studio, per un agghiacciante totale di decine di morti nell’ultimo triennio. Tutto ciò sta avvenendo in un quadro che ha visto salire complessivamente i suicidi tra giovani: nel 2021, il 12% dei decessi tra i 15 e i 29 anni è infatti da imputarsi all’estremo gesto. C’è urgente bisogno, dunque, di riaccendere i riflettori sull’argomento, spesso trascurato con gli studenti lasciati tristemente al proprio destino. Serve fornire un supporto concreto, sostenendo tutti quei ragazzi che accusino seri problemi durante il percorso accademico e non riescano, anche forse inconsciamente, a gridare aiuto.