La rottura della Storia - QdS

La rottura della Storia

Antonino Lo Re

La rottura della Storia

Giovanni Pizzo  |
mercoledì 16 Marzo 2022

La parola crisi riempie i telegiornali e le piattaforme web. Crisi climatica, crisi energetica, crisi demografica. Adesso possiamo riassumere il tutto in una crisi umanitaria

Questa guerra che vediamo ed ascoltiamo come un novantesimo minuto non è un fatto a se stante per le nostre vite quotidiane. In molti di noi che incitano gli Ucraini alla resistenza c’è qualcosa che trascende il conflitto in essere. È l’intima paura che il mondo che abbiamo conosciuto, quello del dopoguerra, quello raccontatoci dai nostri genitori per chi non è troppo avanti negli anni, quel mondo di ricostruzione, pace e sviluppo sia finito. E con ciò tutte le sicurezze che questa era, forse unica nella Storia dell’umanità, si portava dentro.

L’Onu, il movimento dei diritti degli anni 60, la spensieratezza peace&love, Bob Dylan e Janis Joplin, gli elettrodomestici che consumano energia a basso costo, il diritto all’informazione globale ed alla connessione, il welfare e le pensioni, la caduta di dazi e dogane della globalizzazione. Soprattutto la globalizzazione è arrivata al suo punto di caduta. Non tutto si può muovere alle condizioni universali, il pianeta Amazon a cui eravamo abituati. Dal panino di McDonald’s alle Nike per tutti. Non è una cosa improvvisa, da anni si parla e si costruiscono muri e barriere per fermare il flusso delle persone, da almeno un ventennio si sono diffusi movimenti nazionalistici contrari al modello universale di uomini senza identità etniche o di altro orientamento. La guerra in Ucraina evidenzia a tutti che quel modello transnazionale, l’era del benessere e della democrazia come codice universale è entrato definitivamente in crisi. Era un modello occidentale, che nel massimo controllo delle risorse veniva propagato su dimensione planetaria. Cosa è successo?

Si è rotto esattamente il sistema di interscambio delle risorse. Le materie prime scompaiono, si capisce oggi che non erano illimitate. Ci arrivavano perché esisteva un mondo, enormemente vasto, che ne consumava pochissime rispetto a noi. Questo mondo è cresciuto in maniera esponenziale ed oggi il mondo del benessere, a cui ci eravamo abituati entra in crisi. La parola crisi riempie i telegiornali e le piattaforme web. Crisi climatica, crisi energetica, crisi demografica. Adesso possiamo riassumere il tutto in una crisi umanitaria.

La lotta fratricida tra Russi ed Ucraini ci riporta alla Genesi, a Caino ed Abele. Ai drammi fondamentali della natura umana. Avidità ed invidia. L’avidità di chi ha paura di perdere il controllo delle cose e l’invidia di chi vede nello stile di vita dell’altro un attacco ai modelli che tengono insieme un sistema geopolitico.

Cosa succederà ora dopo questa guerra? Perché le guerre finiscono ma cambiano i paradigmi esistenziali. Si potrà tornare a parlare di quota cento o le pensioni, gli ospedali, il reddito di cittadinanza spariranno? Potremo continuare ad usare la lavastoviglie e a mandare i ragazzi all’Erasmus? Potremo riprendere a viaggiare ad usare come vogliamo le tre macchine a famiglia o il mondo non sarà più a portata di mano? Rimarremo interconnessi da Pachino a Pechino, o la dimensione del nostro sguardo sarà più limitata?

È altamente probabile che il mondo, lo stile di vita che abbiamo avuto non ritorni più. E di quello nuovo non abbiamo ancora visioni, se non quelle apocalittiche destinate ad impaurire per controllare.

Forse siamo entrati solo ora nel nuovo millennio. Abbiamo avuto vent’anni di Millennium bug in cui il tempo si era fermato al secolo precedente, dove erano nate le nostre certezze. Quello che spaventa di più è l’attesa di ciò che avverrà. Come il tenente Drogo del Deserto dei Tartari scrutiamo l’orizzonte dell’avvenire dai bastioni della fortezza con apprensione.

Così è se vi pare.

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