L’emergenza sanitaria e le sue conseguenze hanno aggravato i problemi finanziari del Comune. Concessi dallo Stato 978 mila euro, ma per l’Amministrazione Bolognari non sono sufficienti
TAORMINA (ME) – In un Comune i cui bilanci sono da tempo sotto la lente d’ingrandimento della Corte dei Conti e sottoposto a Piano di riequilibrio finanziario per ripianare un debito da 18 milioni e mezzo di euro, l’emergenza sanitaria dei mesi scorsi ha contribuito ad aggravare i problemi finanziari.
Palazzo dei Giurati si trova, infatti, a raccogliere adesso le briciole tra i fondi che il Governo nazionale ha deciso di dividere ai Comuni come “ristoro per le minori entrate” dovute alla pandemia e al lockdown. Secondo quanto stabilito in sede di Conferenza Stato-Città del 23 giugno e sulle scorte di quanto conteneva il cosiddetto Decreto Rilancio (Dl 34/20), il ministero dell’Interno ha fatto sapere che la Perla dello Ionio sarà destinataria di 978 mila euro. Una cifra ritenuta irrisoria dall’Amministrazione del sindaco Mario Bolognari, perché andrebbe a coprire meno del 20% delle entrate in calo preventivate dagli uffici di Palazzo dei Giurati.
La somma destinata a Taormina andrebbe, in particolare, a coprire i mancati introiti dell’Imu per 425.592 euro, di quelli derivanti dalle tasse sul suolo pubblico per 153 mila euro e per i restanti 500.488 euro a valere sulla tassa di soggiorno. È proprio su quest’ultima assegnazione che l’Amministrazione comunale si è mostrata particolarmente critica, considerando che per l’intero territorio nazionale lo stanziamento a copertura di questa tassa è stato di appena cento milioni di euro, mentre Taormina nel 2019 ha raccolto da sola quasi tre milioni e mezzo di euro. Insomma, ingenti somme che verranno a mancare alle casse di un Comune in difficoltà da prima della pandemia e che nonostante tutto stava tentando di risalire la china con l’approvazione dei bilanci pregressi. Mancava davvero poco per esitare il Bilancio di Previsione 2020, ma il lockdown ne ha costretto il rinvio forzato, insieme al pluriennale 2020-2022 e al Rendiconto del 2018.
Un Comune che, per una serie di squilibri decennali, continua ad avere le mani legate dal blocco delle assunzioni – nonostante si trovi sotto organico di almeno cinquanta unità – e senza alcun margine di liquidità da poter investire. Oltre ai riconosciuti debiti fuori bilancio contenuti nel Piano di rientro, Taormina si trascina, infatti, altre criticità che i Revisori dei Conti hanno, anche di recente, riproposto all’attenzione della Corte dei Conti. Rapporti turbolenti con le partecipate, altissima presenza di residui attivi e passivi, debole capacità di riscossione. Punti che l’Amministrazione Bolognari sta tentando di risolvere, mettendo in moto misure correttive che già lo scorso 30 maggio (Delibera n. 30) il Consiglio comunale aveva approvato, in risposta a quanto chiesto dai giudici contabili e anche dal Viminale in relazione al Piano di riequilibrio. Sul fronte partecipata Asm, per esempio, si è giunti a uno storico accordo transattivo del dare-avere tra Comune e servizi resi dall’azienda, che ha chiuso un questione in bilico dal 2011.
Le nubi riproposte dal dopo Coronavirus, però, stanno rallentando il processo di “sanificazione contabile”, mettendo ulteriormente in difficoltà le casse comunali. Motivo per il quale la Giunta ha chiesto al Governo la sospensione della prima rata 2020 del Piano di riequilibrio, da un milione e quattrocentomila euro, e il dimezzamento del fondo crediti di dubbia esigibilità, che ammonta a sei milioni di euro e riguarda somme che realisticamente il Comune non incasserà mai. Per incassare i circa 516 mila euro relativi al pagamento dei suoli pubblici (Cosap) del 2019, invece, bisognerà confermare la gratuità sul 2020 per ottenere l’intera cifra dallo Stato. Somme che mancheranno nelle entrate del Comune, insieme a quelle provenienti da Imu, Tari e Tassa di soggiorno. Senza una revisione delle cifre a ristoro da parte dello Stato, sarà dura sopravvivere.
Twitter: @MassimoMobilia