La lettura è il cibo buono per il cervello, come gli alimenti sani sono il cibo buono per il corpo.
La premessa è obbligatoria e su di essa bisogna essere d’accordo perché è noto come le persone che possiedono conoscenze sono autonome e pensano anche al loro sostentamento economico. In altri termini, tendono a diventare persone libere perché hanno una libertà mentale ed economica, senza delle quali non si è liberi/e.
Attenzione, non è un gioco di parole e neanche un gioco. È una realtà che noi stigmatizziamo continuamente perché il compito dell’informazione non è valutare i fatti e le circostanze a punti, ma metterli insieme, anche storicamente, in modo da dare continuità alla visione dello scenario globale, che dev’essere per tutti/e lampante oltre che trasparente.
La sapienza è forza, l’ignoranza è debolezza. Non è nuovo questo assunto, perché tramandato nella storia dei secoli. Chi ha letto molto ne può testimoniare senza indugio.
Da quanto precede può emergere la potenza della lettura continua perché essa, appunto, è il cibo buono per il cervello.
Ognuno sa che può resistere senza mangiare per circa trentatré giorni, dopodiché il corpo cessa di vivere e, aggiungiamo, può stare senza bere per tre o quattro giorni, ma anche in questo caso, dopo, il corpo cessa di vivere. Questo non accade al nostro cervello, il quale viene alimentato da un punto di vista fisico dal nostro corpo, ma non deperisce (almeno non rapidamente) se non viene nutrito da un punto di vista metafisico. Così viene meno la sua funzione principale: pensare, riflettere, immaginare, elaborare piani e progetti.
Se esso non è alimentato, tra le altre fonti, dalla lettura, non muore; continua a galleggiare come orpello inutile in una testa che perciò si chiama vuota oppure, come dicono a Napoli, serve per dividere le orecchie.
La terribile colpa degli ignoranti è dovuta al fatto di voler restare tali, di non sentire il bisogno di apprendere, di non avere l’impulso inequivocabile di decifrare fatti e situazioni che non si conoscono e preferire invece galleggiare passivamente trascinati dalla corrente.
Cosa rappresenta la corrente? Quella forza delle persone più astute, magari dotate di una certa intelligenza, che, in modo egoistico, non rispettano alcun codice etico e cercano di portare nel loro alveo tutto ciò che è possibile sfruttando gli ignoranti e in genere coloro che hanno bisogno.
Il quadro che vi delineiamo, cari e care lettori/trici, è inequivocabile; peccato che il tema oggi trattato non sia di vasta portata nell’opinione pubblica perché il sistema dell’informazione si occupa poco dei principi etici e degli equilibri che debbono esserci in una Comunità. Si occupa di più di fattacci, di sciocchezze, di tradimenti e di tutte quelle altre notizie che riempiono i settimanali, i quali vengono comprati in cospicua quantità per soddisfare una sorta di insaziabile fame di pettegolezzi.
Per fortuna, nel nostro Paese vi sono moltissime intelligenze e altrettante persone colte, ma pensiamo che esse non siano la maggioranza. Dobbiamo prendere atto della realtà, perché se vedessimo una realtà inesistente non potremmo dare alcun contributo a migliorarla.
Non sappiamo se l’argomento in esame oggi possa annoiare, ma noi non scriviamo per acquisire consensi, bensì per portare alla vostra attenzione situazioni negative, cercando di spiegarne le motivazioni e soprattutto illustrando quali possano essere i rimedi per fare diminuire la loro negatività.
È un compito che ci assegna l’articolo 21 della Costituzione e lo stesso Testo dei Doveri più volte richiamato, nonché la nostra coscienza. Non sappiamo se così diamo qualche contributo al miglioramento della vita della Comunità, ma è un’azione che dobbiamo fare a prescindere dal risultato.
Università e scuole dovrebbero essere le strutture idonee al miglioramento dei saperi e alla crescita dei/delle cittadini/e. Non sembra, in generale, che esse raggiungano questi scopi perché i/le giovani crescono fisicamente, ma non parimenti nei saperi, fermo restando che vi sono professori e professoresse di grandissima qualità e tenacia, nonché giovani intelligenti e capaci, che poi espatriano perché apprezzati/e in tutte le parti del mondo.

