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La Sicilia dei piccoli centri, patrimonio da salvare

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domenica 24 Ottobre 2021

La Sicilia dei piccoli centri, patrimonio da salvare. L’associazione Borghi dei Tesori presenta i risultati del primo festival e rilancia. Dodicimila presenze in 4 giorni

Cinquantesette comuni coinvolti, oltre 250 luoghi aperti e 500 giovani locali impegnati a illustrarli e a narrarli ai visitatori, che in 4 giorni hanno fatto totalizzare 12mila presenze.

Sono i numeri definitivi del Borghi dei Tesori Fest, la prima edizione concepita nel format de Le Vie dei Tesori che nell’ultimo fine settimana di agosto e nel primo di settembre ha permesso di svelare un patrimonio ricco, nascosto e misconosciuto di beni monumentali e oggetti d’arte, antiche tradizioni e esperienze a contatto con la natura, tra entroterra e contesti costieri della Sicilia.

Numeri e prospettive di una
logica di rete che ha un fine preciso: spalmare l’offerta del turismo culturale
sull’intero territorio regionale. E avviare processi di rigenerazione urbana
idonei a innescare economie e occupazione.

Se ne è parlato nel corso di un
forum a Villa Zito, sede, a Palermo, della Fondazione Sicilia, l’ente culturale
che promuove lo sviluppo socio-economico dell’Isola e che sostiene
l’iniziativa.

“I riscontri ottenuti sono
rilevanti e ci fanno ben sperare sulla crescita di questa manifestazione, nata
all’interno di un percorso avviato 15 anni fa con le Vie dei Tesori – dice
Laura Anello, giornalista e presidente dell’omonima associazione. La
particolarità del festival dedicato ai borghi è che si muove in maniera
autonoma rispetto alla kermesse da cui nasce, per mezzo di una specifica
associazione, Borghi dei Tesori appunto, costituita tra la Fondazione Vie dei
Tesori e i Comuni partecipanti. Questo perché la progettualità su cui abbiamo
cominciato a lavorare supera la logica dei partenariati di durata limitata e
punta invece a attivare sinergie di lungo periodo”.

L’obiettivo è tanto ambizioso
quanto necessario. Si tratta di riparare un corto circuito che solo in Sicilia
ha bruciato tante possibilità di sviluppo: quello verificatosi tra la dotazione
di bellezza sparpagliata tra i poco meno di 400 comuni dell’Isola e il numero
dei giovani che li hanno abbandonati – e continuano a farlo – per cercare
lavoro altrove, accelerandone lo spopolamento.   

“Nessun giovane resta a vivere in un piccolo paese se non vi
trova ragioni valide per farlo – riprende Anello – Occorre quindi proseguire
sulla costruzione e la diffusione di consapevolezza della bellezza che si trova
davanti. Girando per questi borghi si è potuto apprezzare quanto questa sia
così diffusa e nel contempo ancora in gran parte chiusa e da riesporre alla
luce”.

La risposta del pubblico non si è fatta comunque attendere.
Un esempio? Il borgo di Aragona, a 15 chilometri da Agrigento. Con un abitante
su due andato via, si è guadagnato il titolo di capitale italiana
dell’emigrazione, eppure è uno scrigno di bellezze artistiche e culturali: da
affreschi del fiammingo Borremans al maestoso palazzo settecentesco del
principe di Aragona, passando per un parco minerario abbandonato al degrado,
quello delle zolfare di Taccia Caci, gestite all’inizio del Novecento da
Stefano Pirandello, padre del più famoso Luigi, Premio Nobel nel 1934. Proprio
Aragona è stato tra i comuni che nei due fine settimana dell’evento hanno fatto
registrare l’affluenza maggiore di visitatori.

A rendere alcuni borghi più attrattivi di altri ha di certo
pesato il livello di celebrità e la differente dotazione di beni culturali. Ma
per alcuni è stata decisiva la presenza di anche un solo, ma forte, attrattore.
Si pensi al sito di Mazallakkar, a poca distanza da Sambuca di Sicilia oppure
al faro dell’isola di Capo Passero, nel comune siracusano di Porto Palo.  “Ma soprattutto – sottolinea Anello – hanno
funzionato i borghi che sono stati capaci di allestire un efficace
storytelling. Raccontare al pubblico le storie dei luoghi costituisce una
grande valore aggiunto. Lo ha dimostrato per esempio la narrazione
cinematografica di Palazzo Adriano”. C’è anche il caso di piccoli piccoli
comuni con patrimoni artistici e architettonici limitati che però hanno fatto
registrare considerevoli affluenze tra chiese e spazi espositivi. Decisiva in
questi casi la mobilitazione delle comunità. Stando sempre ai risultati del
Borghi dei Tesori fest “lo ha per esempio dimostrato il comune di Graniti, nel
messinese, che ha fatto segnare tour strapieni di visitatori grazie
all’entusiastica partecipazione del paese”, specifica Anello.

“La Sicilia ha 7 siti Unesco, 14 parchi archeologici, a cui
si aggiungono siti arabo- normanni e barocchi. Un’eredità culturale unica, ingrandita
da quell’arcipelago di ricchezza umana e materiale che sono i suoi quasi borghi.
Purtroppo però è un patrimonio gestito fino a oggi in maniera disastrosa e
abbandonato al degrado – considera Raffaele Bonsignore, presidente della
Fondazione Sicilia. Occorre connettere quieste realtà tra loro, ma con il
ritardo infrastrutturale che pesa da decenni sull’intero territorio regionale è
un’operazione molto complicata”.

I riferimenti sono numerosi. Dalle tante strade provinciali,
rotte e abbandonate, che potrebbero essere alla base di uno sviluppo del
cicloturismo, all’emblematico caso dei lavori di ampliamento e messa in
sicurezza della statale 121 Palermo Agrigento: 
promessi sin dal 1991, finanziati 10 anni dopo, avviati nel 2011 e
ancora in corso, a passo di bradipo e con effetti deleteri sul movimento
turistico verso i siti della costa occidentale della Sicilia, incluso quello primario
della Valle dei Templi. “Inoltre – dice Bonsignore – non si tratta soli di
problemi connessi a restauri. Si pensi a Erice vecchia, borgo spopolato dove
manca un supermercato. Allora ci si deve chiedere perché un borgo siciliano
dovrebbe essere scelto per passarci una vacanza o addirittura viverci, se non
vi arriva l’acqua corrente o il metano? Occorrono impegni seri a livello politico
centrale. Intanto quello della nostra fondazione con questi primi 57 comuni serve
a segnare un percorso virtuoso che ci fa ben sperare”.

Al Forum sui borghi l’accento è stato messo anche sulle potenzialità del turismo rurale in Sicilia. “Una calamita per il mercato straniero – afferma Pierfilippo Spoto, titolare della Val di Kam, impresa di turismo esperienziale con base a Sant’angelo Muxaro, in provincia di Agrigento. Ormai i piccoli gruppi di viaggiatori vogliono essere accompagnati alla scoperta di una Sicilia minore, a lungo misconosciuta, di cui prima nessuno parlava, alla scoperta di monumenti ma anche di aziende zootecniche, casearie, pastifici, panifici e ancora viuzze e cortili, dove i turisti entrano in contatto con la gente locale. All’indomani della riapertura dopo il primo lockdown nel 2020 si è affermato il bisogno di distanziarsi dalla folla, di rallentare. E di assaporare cibi tradizionali e atmosfere autentiche”.

Antonio Schembri

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