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La solitudine di Putin

La solitudine di Putin
Vladimir Putin guerra Russia Ucraina mobilitazione parziale minaccia nucleare discorso alla nazione. FONTE IMMAGINE CREMLINO

Il presidente russo, solo, tremendamente solo, con la faccia stanca e triste

In occasione del Natale Ortodosso i circuiti internazionali hanno mostrato le immagini di Vladimir Putin che assiste alla messa. Il presidente russo, solo, tremendamente solo, con la faccia stanca e triste, trasmetteva una sensazione di sfiducia e impotenza, la consapevolezza del pasticcio in cui si è cacciato, senza più sapere in che modo uscirne, e del vaso di Pandora che ha scoperchiato.

Il suo dramma sta nel fatto che non ha alternative, può solo continuare a mandare al massacro i suoi ragazzi, sperando che gli americani si stufino di sostenere Kiev e, a caro prezzo, conquistare almeno un pezzo dell’Ucraina. E deve farlo anche abbastanza in fretta, prima che l’establishment russo decida che è arrivato il momento di trovare qualcuno più adatto di lui a gestire il problema.

Putin si trova stretto tra i “falchi”, la maggioranza, che spingono verso un’escalation militare, fino a minacciare l’utilizzo di testate nucleari, e le “colombe”, minoranza esigua ma importante, che vorrebbe la fine della guerra per ricominciare a fare ottimi affari con gli occidentali. Molte “colombe” sono volate dalla finestra, e si sono schiantate al suolo, le altre si sono rintanate in attesa di tempi migliori. Nel caso la leadership Russa decidesse di cambiare politica lo schema classico è dare tutta la colpa al capo, ma Putin continua a godere di un grande sostegno.

È interprete di ciò che la Russia vuole, la guerra per la sua sicurezza, non impone una linea personale. Comunque non si fida di nessuno, tiene tutti a debita distanza, sia in ufficio che in chiesa. Una solitudine che stride con i cori delle chiese di Kiev, sotto le bombe. In fondo quello che ci resta è l’immagine di un pover’uomo che voleva passare alla storia per aver ridato lustro alla Russia e, invece di essere osannato dall’intero popolo si ritrova a fare gesti rituali a cui non crede neanche un po’. O forse sì, perché chi altri potrebbe pregare per mantenere ciò a cui più tiene: il potere personale.

Stefano Modena
Consulente di corporate governance