Una convivenza che ebbe inizio in modo totalmente pacifico ed economicamente proficuo. Prima puntata di un racconto in tre parti che vuole illustrare una storia poco nota del territorio
AGIRA (EN) – Le origini della città sono antichissime, non a caso la sua storia è inizialmente legata alle narrazioni del mito, che ci parla del soggiorno di Ercole in quei luoghi. Arroccata sul monte Teja, di cui oggi occupa le pendici, oltreché la sommità, domina la media valle del Salso. Fino all’affermarsi di Siracusa ed Agrigento, fu una delle principali città della Sicilia e come tale veniva costantemente descritta, ricca e opulenta, sia da Diodoro Siculo – che vi aveva trovato i natali – e in epoca successiva da Cicerone il quale ne enumerava le sue copiose risorse. La decadenza sopraggiunse solo nella tarda antichità, e inesorabilmente, in epoca bizantina, si era ridotta a un semplice borgo fortificato.
Ad Agira, così come in tante altre località della Sicilia, si erano insediati gli ebrei, certamente, giunti a più riprese nei secoli, attratti dalla fecondità dei luoghi, non troppo dissimili dalla loro terra d’origine. Vi giunsero già dall’anno 70, a seguito della distruzione di Gerusalemme a opera di Tito e a seguire continuarono ad arrivare, nel tentativo di acquisire una nuova patria.
La prima prova documentale della presenza ebraica ad Agira è costituita da un duplicato dell’autorizzazione all’esercizio dell’arte medica, anche in questa città, rilasciato dalla regina Maria d’Aragona, in data 10 settembre 1383, a tale Iacob Medui, che ne aveva smarrito l’originale. Mentre della circostanza che la locale comunità ebraica fosse, anche se non particolarmente popolosa, certamente fiorente, si ha riscontro in molteplici documenti erariali, dove sono annotati gli esiti delle raccolte di danaro, a cui gli ebrei, andavano soggetti coattivamente e ripetutamente, per le più svariate motivazioni. Vale a dare una idea della consistenza della comunità agirina il fatto che, per una tassa straordinaria imposta nel 1430, fu tenuta a versare 20 once d’oro e il tributo era stato richiesto in questa misura, in base alla popolazione esistente. Esborso che nell’isola fu superato, per ammontare, solo da quello versato dalle comunità di Palermo di 173 once, e di Trapani di 77 once, mentre a nessuna delle altre comunità dell’isola era stato chiesto di più.
Queste collette coattive, a cui gli Ebrei venivano sottoposti, non possono definirsi altrimenti, trattandosi di immotivati balzelli, che qualche volta, così come accadde nel 1454, sotto il dominio di re Alfonso, potevano servire, oltre che per ottenere la libertà di culto, anche a rendere la vita meno gravosa, in questo caso i privilegi ottenuti, a seguito di questa gabella, erano quanto di più disparato immaginabile. Infatti, riguardavano l’esenzione dalla partecipazione coatta a prediche e funzioni religiose dei Cristiani, il diritto di esercitare liberamente le mediazioni commerciali, così come era riconosciuto ai non ebrei, ed ancora per assorbire tasse già dovute dalla comunità. Difficile a credersi, questo tributo consentiva, pure, il diritto, in caso di esecuzione capitale, di essere impiccati per il collo, come la totalità dei condannati, e non per i piedi, così come era in uso per i soli giudei. Questa utilità era finalizzata a rendere più rapito il trapasso, oltreché a evitare il ludibrio della insolita postura in punto di morte.
Tale convivenza, che per quanto riguarda la comunità ebraica e il resto della cittadinanza agirina era abbastanza pacifica e anche economicamente proficua, venne di colpo a cessare con la pubblicazione in Sicilia, avvenuta il 18 giugno 1492, dell’Editto di Granada del 31 marzo dello stesso anno, con il quale Ferdinando il Cattolico e Isabella di Spagna, disponevano la immediata espulsione, dai loro domini, di tutti quegli Ebrei che non si fossero immediatamente convertiti al cristianesimo.
In tale quadro storico, degli anni di pacifica convivenza, anche se fondata sempre su motivazioni di tornaconto e interesse economico e mai scevra da pregiudizi religiosi, si colloca l’Aron di Agira, che altro non è che l’armadio sacro che contiene i Rotoli delle Scritture, nell’ambito della sinagoga. Questo Aron, ha la particolarità, ed è infatti l’unico, in tutta Europa di non essere di materiale ligneo, bensì in pietra arenaria, finemente scolpita e intarsiata.
Di esso vi parleremo più nel dettaglio nella seconda puntata di questo nostro racconto.