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La strategia Eni per ridurre le emissioni e accelerare il processo di decarbonizzazione

redazione

La strategia Eni per ridurre le emissioni e accelerare il processo di decarbonizzazione

sabato 26 Settembre 2020

Nel breve termine si conferma l’obiettivo al 2025 di ridurre l’intensità emissiva del 43% rispetto al 2014. Eni lavora per la protezione e conservazione delle foreste e della biodiversità

GELA – Le evidenze scientifiche sul cambiamento climatico sono indiscutibili. Eni le riconosce ed è stata tra i firmatari del Paris Pledge for Action, sostenendo gli obiettivi contenuti nell’Accordo di Parigi. Inoltre, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Onu, che Eni ha integrato nella propria mission aziendale, indicano nel 2030 la data in cui verificare un deciso cambio di rotta del mondo. In particolare, gli obiettivi n.7 (Energia pulita e accessibile) e n.13 (Lotta al cambiamento climatico) impegnano l’azienda in maniera particolare a integrare pienamente nel business una strategia concreta di lotta al cambiamento climatico.

Proprio per questo, Eni ha orientato gli investimenti nella ricerca applicata al miglioramento delle tecnologie utilizzate per ridurre le emissioni, accelerare il processo di decarbonizzazione e trovare soluzioni innovative per favorire la transizione energetica. È stata approntata una strategia che nel breve periodo si fonda sull’aumento dell’efficienza e riduzione delle emissioni GHG, su una riduzione delle emissioni carboniche anche sulle fonti fossili, e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili. Sempre al 2030, sono poi fissati obiettivi importanti, come il raggiungimento della “carbon neutrality” relativa alle operazioni Upstream. Nel lungo termine lo stesso obiettivo, attraverso lo sviluppo e la realizzazione di un piano per la transizione energetica, di ogni attività aziendale.

Nel breve termine Eni conferma l’obiettivo al 2025 di ridurre l’intensità emissiva del 43% rispetto al 2014 negli asset operati upstream, attraverso l’eliminazione del flaring di processo, la riduzione delle emissioni fuggitive di metano e la realizzazione di interventi di efficienza energetica.

Tali iniziative contribuiscono anche all’obiettivo di miglioramento dell’indice di efficienza operativa del 2% annuo al 2021 rispetto al 2014, che si traduce in un miglioramento complessivo del 13,2% nel periodo, attraverso progetti e iniziative di efficienza energetica a cui concorrono tutte le realtà industriali Eni.

La leva per ridurre l’intensità emissiva del business upstream riguarda la minimizzazione del flaring. Eni è attiva in specifici programmi di riduzione del gas inviato a flaring, attraverso la valorizzazione tramite la produzione di energia elettrica a favore delle popolazioni locali, la distribuzione per il consumo domestico o l’esportazione. Ove tali pratiche non sono possibili, Eni ha realizzato impianti di reiniezione in giacimento del gas naturale.

Eni riconosce l’importante ruolo delle Natural Climate Solutions per limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 °C. Si tratta di soluzioni che utilizzano la già esistente capacità della natura di assorbire CO2, per contribuire alla riduzione dell’impatto delle emissioni causate dalle attività antropiche.

Nell’ambito della propria strategia Eni sta sviluppando progetti per la conservazione e protezione delle foreste che consentono benefici climatici e ambientali, e garantiscono anche benefici in termini di sviluppo sociale ed economico delle popolazioni locali.

Tali progetti, aderenti allo schema REDD+, permettono di ridurre la deforestazione, incrementare gli stock di carbonio forestali e la conservazione e ripristino della biodiversità e consentono anche la creazione di nuovi posti di lavoro, e una diversificazione economica, nell’ambito del percorso di crescita dei Paesi.

Eni negli ultimi anni ha costruito solide partnership con sviluppatori internazionali riconosciuti quali BioCarbon Partners, Terra Global, Peace Parks Foundation, First Climate e Carbonsink, e questo permette di sovrintendere ogni fase di disegno e sviluppo dei progetti di gestione delle foreste, fino alla verifica della riduzione delle emissioni, con un ruolo attivo nella governance del progetto.

La partecipazione diretta nei progetti risulta fondamentale per garantire l’aderenza allo schema REDD+ e quindi l’allineamento agli standard più elevati per la certificazione della riduzione delle emissioni di carbonio e delle ricadute sociali e ambientali come Verified Carbon Standard (VCS) e Climate Community and Biodiversity Standard (CCB), riconosciuti a livello internazionale e coerenti con gli standard qualitativi che Eni intende raggiungere.

In questo contesto, nel pieno rispetto delle comunità locali, e con la loro attiva partecipazione, Eni lavora per ridurre le cause di deforestazione e la conseguente perdita di biodiversità, proponendo alternative di sviluppo locale compatibili con il contesto territoriale. In questo contesto, accanto ad azioni di monitoraggio e conservazione del patrimonio forestale, sono portate avanti iniziative di diversificazione economica, quali progetti agricoli sostenibili, iniziative volte a incrementare l’accesso all’energia, oltre a programmi di educazione e formazione professionale.

Eni sta considerando diverse iniziative in vari Paesi e, al momento, ha avviato le prime partnership con governi e sviluppatori internazionali in Zambia, Mozambico, Vietnam, Messico, Ghana, Repubblica Democratica del Congo e Angola. In Zambia, in particolare, Eni è diventata membro attivo della governance del progetto di conservazione delle foreste REDD+ Luangwa Community Forests Project (LCFP) assicurando il successo di questo progetto REDD+ nel lungo periodo.

Il progetto “Adriatic Blue” per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica da usare come materia prima

RAVENNA – Il CCUS (carbon capture, utilization and storage) è un processo di Cattura e Stoccaggio dell’anidride carbonica che combina la cattura di CO2 col suo riutilizzo sia come fluido tecnologico che come “materia prima” per essere utilizzata in nuovi percorsi e attività produttive.

La CCUS è considerata l’unica opzione praticabile e tecnicamente matura in grado di decarbonizzare il settore industriale, responsabile di un quarto delle emissioni globali di CO2, associate in particolare ai comparti più “energivori” quali la produzione di cemento e acciaio, l’industria della carta, la raffinazione. È economicamente conveniente rispetto ad altre tecnologie di mitigazione. Nei processi di Utilizzo (Carbone Capture and Utilisation – CCU), la CO2 diventa una “materia prima” per essere utilizzata in nuovi processi produttivi.

Eni ha individuato l’area offshore di Ravenna come un polo per lo stoccaggio della CO2. Il sito di Ravenna presenta tutte le caratteristiche (taglia degli impianti, vicinanza alle fonti emissive, riutilizzo di facilities esistenti) per essere realizzato a costi competitivi e in tempi rapidi e rappresenterà un punto di riferimento per i progetti futuri.

Il grande potenziale di stoccaggio potrebbe consentire a Ravenna di diventare il polo di riferimento non solo per l’Italia ma anche per i Paesi del Mediterraneo. I fattori abilitanti che rendono l’area di Ravenna di grande interesse sono la disponibilità di grandi giacimenti che hanno contenuto gas naturale per milioni di anni a cui ha fatto seguito un’attività estrattiva pluridecennale. Oggi questi giacimenti esauriti o in via di esaurimento possono essere riconvertiti velocemente e in sicurezza. Si può contare, inoltre, sulla disponibilità di alcune delle numerose infrastrutture e impianti onshore (centrali di ricezione e compressione) ed offshore (sealine di trasporto e piattaforme) riutilizzabili oltre all’infrastruttura industriale e logistica della città.

Il Progetto “Adriatic Blue” si articolerà per fasi: una prima fase prevede la cattura e lo stoccaggio di parte delle emissioni provenienti dalle centrali a gas di Casal Borsetti e del polo chimico di Versalis di Ravenna. L’avvio è previsto entro il 2021.

La fase di sviluppo prevede la realizzazione nell’area di Ravenna di un hub per la cattura, il trasporto e lo stoccaggio della CO2 in giacimenti offshore di gas esauriti o in fase di esaurimento con una capacità di stoccaggio stimata tra i 350-500 milioni di tonnellate di CO2. Tra le ipotesi di sviluppo si prevede anche la produzione e l’utilizzo di idrogeno blu.

Il Progetto “Adriatic Blue” si configura come un polo aperto a terzi, abilitante lo sviluppo di progetti di cattura della CO2, chiave per la decarbonizzazione dell’economia nazionale, in particolare delle attività hard to abate. Il progetto, infatti, consente di rendere ambientalmente sostenibili quelle attività – come ad esempio l’industria pesante, il trasporto, la generazione di energia elettrica programmabile, e la filiera dell’idrogeno – indispensabili per l’economia del Paese ma che, data la loro natura energivora, impattano in maniera significativa dal punto di vista emissivo.

Il processo di Cattura e Stoccaggio della CO2 è ritenuto indispensabile per contrastare il cambiamento climatico e per il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi. La stessa Comunità Europea ha riconosciuto la CCUS come una priorità per il raggiungimento degli obiettivi nella lotta al cambiamento climatico al 2050.

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