Fu negli otto anni passati a Brescia che Silvio mostrò doti investigative e tenacia non comuni
Il giovane Silvio è molto attivo e seriamente impegnato e quindi si fa strada rapidamente in varie località italiane. Nel 1962 si sposa con Assunta Galasso di San Michele al Tagliamento, che ha conosciuto quattro anni prima. Nel 1963, con il grado di brigadiere, viene aggregato al Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Brescia, la mia città, do ve si fermerà per otto anni e dove nasceranno le sue due figlie. Allora non conobbi Silvio perché la mia attività mi aveva portato fuori Brescia, prima a Roma e poi, dal 1962, a Milano. Ma ricordo però che, in quegli anni, un ufficiale della Guardia di Finanza di Brescia mi disse che Brescia era, allora, considerata la capitale nazionale delle fatture false.
Fu proprio negli otto anni passati a Brescia che Silvio mostrò doti investigative e tenacia non comuni che, oltre a meritargli numerosi encomi nell’ambito del Corpo, lo lanciarono verso incarichi sempre più complessi. Nel 1966, a 32 anni, viene nominato Maresciallo ordinario, nel 1971 è promosso Maresciallo capo e subito dopo viene trasferito al Nucleo Regionale della Polizia Tributaria di Milano, la frontiera più impegnativa della lotta contro i reati finanziari e, nel 1976, operando nel gruppo Sezioni Speciali con competenza di polizia tributaria e di verifiche fiscali, viene promosso Maresciallo Maggiore. E’ in questi anni che, nel 1974, gli viene affidato l’incarico di guidare una squadra di finanzieri con particolare competenza in materia economico-finanziaria che era stata richiesta al Comando dal sostituto procuratore Guido Viola, da affiancare all’avvocato Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, facente capo a Michele Sindona. Sul lavoro di quella squadra Silvio Novembre racconta:
“Sei militari in tutto. Un tenente, un Maresciallo maggiore, due Marescialli e due Brigadieri anche se, dopo breve tempo, siamo rimasti solo in quattro. Io e i colleghi Francesco Carluccio (poi diventato Ufficiale), Orlando Gotelli e Gaetano De Gennaro. Insieme, abbiamo cercato di ricostruire l’universo di Michele Sindona: i cammini del malaffare, le alchimie e i marchingegni finanziari, la fitta ragnatela dei depositi fiduciari e delle operazioni sui cambi e il mosaico delle misteriose società ombra con sede nei paradisi fiscali. Certo che si rimane increduli quando si legge che nel 1975 lo stesso bancarottiere, dopo essere fuggito negli Stati Uniti, teneva una serie di conferenze nelle università americane, parlando anche di inflazione e affermando che “il pubblico, l’investitore, il risparmiatore, che impiegano il proprio denaro in società che espongono dei valori o dei risultati che nulla hanno a che vedere con l’effettiva realtà economica dell’impresa, vengono oggi legalmente ingannati e sono soggetti spesso a spiacevoli sorprese”.
All’inizio i rapporti con Ambrosoli non furono, come già detto, facili come narra lo stesso Novembre. Ambrosoli, consapevole, ma non spaventato, della complessità del compito che gli era stato affidato, dell’esistenza di una forte rete di potenti protettori di Sindona, della grande abilità manovriera e corruttrice dello stesso, della solitudine totale in cui era stato abbandonato, con l’eccezione del nuovo vertice della banca d’Italia (Paolo Baffi), di operare in una città che solo due anni prima adorava Sindona come un genio della finanza, un modello di professionalismo moderno ed avanzato, un uomo capace di avere al suo servizio alcuni dei più bei nomi della Bocconi; consapevole di tutto questo ma determinato a portare a termine il proprio compito, Ambrosoli, era diffidente verso tutti, compresa la Guardia di Finanza (in quegli anni al centro di un grave scandalo come ricorda lo stesso Silvio Novembre) e temeva ogni interferenza.
(Fine 3° puntata)