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Giovanni Pizzo  |
martedì 19 Aprile 2022

Giorgia Meloni che da mesi sbandiera di essere il primo partito, oggi si appella Berlusconi per tirarla fuori dai guai siciliani

Se la Meloni si appella a Berlusconi per risolvere il caso Sicilia allora è stata da molti sopravvalutata. Da mesi va in ogni dove sbandierando il primato di primo partito ed oggi si appella al grande vecchio della politica italiana per tirarla fuori dai guai siciliani in cui si è cacciata da sola?

La mossa siciliana di appoggiare Musumeci, candidato locale e fin troppo autonomo, e per questo non tollerato dalla sua coalizione, era considerata una mossa furba. Recuperava alleati per le politiche ma non giocava, secondo lei, carte sul quadro nazionale, essendo Musumeci di un altro partito. Questo le consentiva di poter comunque avanzare una candidatura di FdI per il Lazio, presentando suo cognato Lollobrigida.

Massimo risultato con le minime concessioni. Soltanto che la Giorgia nazionale, non ascoltando i consigli del più sgamato dei suoi in Sicilia, il silente Stancanelli, non ha ben compreso il variopinto scenario siciliano. Musumeci da sempre sbandiera il fatto di essere scelto dal popolo e di non rispondere ai partiti, di ritenersi autonomo rispetto alle loro volontà. Ma al contempo pretende che i partiti del centrodestra lo appoggino come è successo, abbastanza forzatamente, la volta precedente. Aveva dichiarato di fare un solo mandato, ma oggi richiamando la legge del contadino dice che chi semina raccoglie, e lui causa pandemia non lo ha potuto fare. Il contadino sa che non sempre il tempo è clemente, e non sempre si raccoglie il frutto del lavoro. Ma soprattutto la politica dovrebbe essere servizio non scambio. Non sempre il lavoro viene raccolto, ma se è fatto per il benessere della collettività, ed è ben fatto, essa ne godrà i benefici, indipendentemente da chi è pro tempore alla guida.

Questa concezione proprietaria del campo politico ha il sapore di Verga, di ossessione della “Roba”, ed infatti tanti sono i riferimenti a Vizzini di questo governo regionale. Tutto sa di antico e stantìo. Ieri a pasquetta ho pranzato con un contadino moderno, seppur grande di età, veniva monitorato con un App dal suo cliente a cui vendeva il latte delle sue pecore, che controllava tramite telecamere agganciate al suo smartphone, e pensava pure di comprarsi un drone per controllare il pascolo del gregge. Ma la politica siciliana è invece ferma a riti ottocenteschi del seminativo latifondista.

Se la Meloni avesse ascoltato meglio la Sicilia ed i siciliani forse non si sarebbe cacciata in questo vicolo cieco. Ma forse sotto sotto questo è il suo piano. Isolarsi per crescere. Tanto il centrodestra è ormai una chimera. I tre leader non si vedono dalla rielezione di Mattarella che lei ha declinato isolandosi da Salvini e Berlusconi. A cui oggi lancia un appello di garante.

Può darsi che il successo di opinione pubblica, giocato sullo scontento, oggi sia troppo pesante per un partito dotato di poche antenne per percepire la realtà territoriale e con poca classe dirigente per sostenere l’urto del consenso. Ma appellandosi ad un uomo malato ed anziano rivela così che la tigre è di carta.

Così è se vi pare.

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