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La traversata del salmone

Giovanni Pizzo  |
lunedì 05 Settembre 2022

Questa campagna elettorale potrà essere segnalata come la più soporifera e dismessa da quando in Sicilia c’è l’elezione diretta del Presidente

Questa campagna elettorale potrà essere segnalata come la più soporifera e dismessa da quando in Sicilia c’è l’elezione diretta del Presidente.

C’è chi è ricercata dalla Sciarelli a ‘chi l’ha visto’, chi pur essendo “scatenato” è partito troppo presto e rischia, come i mezzofondisti, di arrivare spompato, chi tace e sopisce, chi fa corsa solitaria dopo aver avuto un altro candidato fino al giorno prima, ed infine chi sta al governo ma si candida in opposizione al governo stesso, e qua siamo oltre Jonesco. Si arriva perfino a criticare, come un leader di opposizione, i dirigenti, di cui si ha la guida e l’indirizzo politico, perché non procedono a spendere i soldi programmati in ritardo. Ma non siamo su scherzi a parte siamo in Sicilia.

E poi c’è Lui, quello che come il salmone procede contro corrente. La corrente per la carriera dei politici siciliani da sempre va da Sud a Nord. Il siciliano politico ama Roma, il suo clima di potere, e comandare si sa è meglio di un’altra desiderata cosa, e i suoi privilegi. Il dolce fare niente sui divani del Transatlantico di Montecitorio, il selfie con il busto di Vittorio Emanuele Orlando nella Sala dei Postergali a Palazzo Madama, da mandare ad amici e parenti, il gelato da Giolitti, in attesa di parlare qualche minuto con qualcuna delle Star della politica italiana, che sia Renzi, o per i più fortunati, Maria Elena Boschi.

Ma Lui, al secolo Giovanni, detto Gianfranco, Miccichè preferisce non andare a sedersi sugli scranni ormai ricercatissimi di Palazzo Madama, che dopo il taglio dei parlamentari valgono doppio. Rinuncerebbe al suo diritto, conquistato dopo una indiscussa ed intemerata leadership di infiniti lustri di Forza Italia, per rimanere qui nel Palazzo dei Normanni ad occuparsi di politica regionale. Le motivazioni sono chiare, vuole godersi il successo di questa sfida all’ok corral della politica siciliana.

Andiamo ai fatti direbbe un vecchio cronista alla Montanelli. Il suo dichiarato avversario non ricandidato alla Presidenza, questo ruolo affidato, se vince, per la prima volta ad un esponente del suo partito di cui è fondatore, la battaglia stravinta sull’opposizione interna nel suo partito, che non manda a Roma nessuno. Ora ha un’ultima sfida in questa campagna elettorale. Essere il primo partito del centrodestra, la linea Maginot di Forza Italia che in Sicilia ha percentuali più che doppie a quelle nazionali. Di fatto Berlusconi è grande e Miccichè è il suo profeta. Poi è indubbio che non faccia simpatia a molti, anche a tanti, soprattutto a quelli che ha beneficato di più, un vice presidente a caso. Ma i fatti sono che quando Miccichè guida il suo partito i risultati, le performance, sono sempre arrivati. Questa è la sua forza ed il motivo di molte acrimonie. Perché davanti ai risultati da ottenere non guarda in faccia a nessuno, fa correre tutti senza privilegi di primogenitura. Di fatto è un Mourinho, anche se lui preferirebbe essere un Trapattoni.

Ed ora come i salmoni vuole contrastare la corrente che lo porterebbe a Roma per rimanere nella sua Palermo. Ovviamente sa benissimo che la torre Pisana di presidente dell’assemblea regionale non potrà essere più sua. Ma si sta apprestando a conquistare probabilmente un ruolo di governo locale, per il terrore di molti.

Ma se lo farà, lo farà solo in un modo. Con la inoppugnabile forza dei numeri. Che in Sicilia ancora si contano e si pesano. Se non ci saranno i numeri nelle urne desisterà con real politik, in caso contrario chiederà, ed otterrà, un ruolo dirimente.

Così è se vi pare.

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