. Alcuni migranti avrebbero denunciato le violenze subite nelle safehouse libiche per tutto il tempo della loro permanenza all'interno del compound e fino a poco prima della partenza per la Sicilia
Cinque scafisti, tre bengalesi e due sudanesi, sbarcati in due approdi il 26 dicembre scorso a Lampedusa, sono stati fermati dalla polizia per associazione per delinquere, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravata, tortura e sequestro di persona a scopo di estorsione.
L’indagine
L’indagine è stata avviata dalla Polizia di Stato, coordinata dalla Procura di Palermo, a seguito di due sbarchi avvenuti a Lampedusa lo scorso 26 dicembre.
Nell’occasione a seguito delle preliminari attività investigative svolte a Lampedusa da personale specializzato, sono state acquisite rilevanti informazioni in ordine ad un traffico di esseri umani, in prevalenza di origine bengalese, dalle coste libiche fino ai confini nazionali.
Le denunce dei migranti torturati in Libia
In proposito alcuni migranti avrebbero denunciato le violenze subite nelle safehouse libiche per tutto il tempo della loro permanenza all’interno del compound e fino a poco prima della partenza verso le coste siciliane.
Dalle progressioni investigative si è appreso che le vittime della tratta, dopo aver versato nel loro paese d’origine le quote necessarie per il loro trasferimento in Libia, venivano recluse all’interno dei citati centri fino al pagamento di un’ulteriore quota per il successivo trasbordo sul territorio nazionale.
In tale contesto investigativo, in cui si è delineato un network criminale di natura internazionale, sono stati identificati i cinque indagati, 3 bengalesi e 2 sudanesi giunti a Lampedusa lo scorso 26 dicembre insieme alle loro vittime, ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla tratta ed al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nonché sequestro di persona e tortura.