Senza sviluppare la capacità dell’apprendimento anticipatorio, imparando a scavare nel passato e nel presente ma non per ripeterlo bensì per guardare avanti, con gli occhi e con lo spirito tesi a cogliere i nuovi segnali per identificare la nuova rotta, i nuovi sentieri, si potrà anche del successo effimero, ma senza diventare veri manager.
Sull’apprendimento anticipativo cito le parole di Karl Popper: “L’evoluzione è il prodotto del passato, ma con lo sguardo puntato sull’anticipazione del futuro… Decisiva è l’anticipazione… il nostro cervello e i nostri organi di senso sono stati costruiti e selezionati per l’anticipazione”.
Questa è l’essenza della strategia, di tutte le strategie, compresa la strategia d’impresa. Il 90% dei libri sulla strategia d’impresa sono – a mio avviso – carta straccia. Metto in questa categoria tutti quei libri che trattano la strategia d’impresa come un’attività meccanica, di super specialisti, che si divertono con analisi su analisi, con modelli su modelli, con disegnini su disegnini. Tutti puntualmente specchio banale e amorfo del passato. Ma stratega, nell’etimologia propria delle parole, vuol dire il capo dell’esercito, colui che guida l’esercito fuori dal campo, colui che indica la via, per quanto incerta e difficile essa sia. Strategia evoca quindi non un approccio di semplice analisi od al massimo di scelta tra ipotesi astratte che altri dovranno verificare sul campo, ma piuttosto un atteggiamento attivo, responsabile e responsabilizzato, un’azione di guida e perciò un’azione di speranza, di amore. Per usare ancora parole di Popper: “Noi possiamo fare qualcosa per il futuro. Forse non molto, ma certamente qualcosa possiamo farlo, e qualcosa in questa direzione l’abbiamo già fatto … Il vero problema è: cosa possiamo fare noi perché le cose vadano un poco meglio? Forse possiamo fare poco, ma ciò che possiamo fare, dobbiamo farlo”.
Ma come possiamo assumere la guida, cioè fare strategia senza sapere dove vogliamo andare, anzi dove vogliamo guidare i nostri uomini e perché? In molti libri manageriali avete sentito parlare di minaccia/opportunità di sfida/risposta. Ma questo modello concettuale, molto utile, non è stato messo a punto dagli studiosi di management. È stato messo a punto da un grande storico, da Arnold Toynbee nel suo “A Study of History” nel quale cerca di individuare i grandi cicli delle antiche civiltà. Secondo Toynbee la genesi di una civiltà consiste in una transizione da una condizione statica ad una condizione dinamica. Il modello che egli utilizza è un modello di interazione che egli chiama “sfida e risposta”. Una sfida da parte dell’ambiente naturale o sociale provoca in una società od in un gruppo sociale, una risposta creativa. La civiltà continua a crescere finché la sua risposta positiva alla sfida iniziale genera un impeto culturale che trasporta la società al di là di uno stato di equilibrio, sino a raggiungere uno squilibrio per eccesso che si presenta come una nuova sfida.
Una volta raggiunto un culmine di vitalità le civiltà tendono a perdere energia e declinano. Un elemento essenziale, secondo Toynbee, di ciò è la perdita di flessibilità. Quando strutture sociali e modelli di comportamento sono diventati così rigidi da impedire alle società di adattarsi al mutare delle situazioni, essa sarà incapace di continuare il processo creativo dell’evoluzione culturale e finirà col decadere.
continua…

