I lavoratori diventino presto imprenditori - QdS

I lavoratori diventino presto imprenditori

I lavoratori diventino presto imprenditori

martedì 19 Ottobre 2021

Il futuro è già qui

Ufficialmente in Italia vi sono oltre tre milioni di disoccupati; probabilmente il numero è inferiore perché c’è tanto lavoro nero, favorito dal recente Reddito di cittadinanza. Risulta da diverse fonti che molti di questi percettori, quando vengono chiamati per lavorare, rifiutano se l’attività non viene pagata in nero. Evidentemente costoro non sono persone deboli o fragili, ma semplicemente furbetti che la classe politica ha portato a diventare più furboni.

Si sente in giro da più parti la richiesta di lavoro: “Cerco, un lavoro”, “Non trovo un lavoro”. Ma a costoro non è mai venuta in mente l’idea di mettersi in proprio, di cominciare un’attività imprenditoriale o professionale o artigianale, insomma, di diventare un soggetto autonomo, non dipendente, che basa la propria attività sulle capacità, sull’intraprendenza, ovviamente suffragate da una grande forza d’animo capace di sostenere sforzi e sacrifici.

Un Paese progredisce se i suoi cittadini sono attivi e non passivi che attendono continuamente che si faccia qualcosa per loro, che gli venga dato un sussidio o un lavoro.

È proprio questa mentalità passiva, tipica del mendicante che tende la mano in attesa che qualcuno gli faccia l’elemosina, che fa continuamente regredire il nostro Paese, ovvero una parte di esso, quella parte che costituisce una zavorra rispetto all’altra, che è attiva e che viaggia come una locomotiva moderna, non a carbone.

Il nostro Paese è diviso in due parti, ormai questo è a tutti noto, una traina e l’altra si fa trainare. Il che rallenta l’intero convoglio. Qual è la parte che traina? Tutto il settore privato che produce ricchezza (e per conseguenza imposte) ed occupazione. Certo, al suo interno vi sono imprese che vanno male, che falliscono, che evadono le imposte e che fanno intrallazzi. Ma è una parte minore che dovrebbe essere perseguita a termini di legge con durezza, costanza e specificità.

La mancanza di iniziativa nel voler fare, nel volere perseguire obiettivi, nel volersi appropriare di conoscenze, insomma di progredire, è invece la caratteristica dell’altra parte che si fa trainare. In questa parte, purtroppo, si annovera una moltitudine di dirigenti e dipendenti pubblici, i quali vanno a lavorare con lo scopo primario di timbrare il cartellino e poi andare a sbrigare gli affari propri, tra cui il lavoro in nero.

I quattro sindacati più importanti (Cgil, Ugl, Cisl, Uil) continuano a proclamare i diritti, continuano a chiedere lavoro, aumenti salariali e pari trattamento fra uomini e donne.

Quest’ultima richiesta ci sembra una bufala perché ci risulta che i Contratti nazionali di lavoro, firmati dagli stessi sindacati, dalle organizzazioni imprenditoriali, nonché dall’Aran per i soggetti pubblici, non prevedano differenze retributive fra uomini e donne.

Non si capisce perché viene informata l’opinione pubblica su una questione inesistente. Anzi i Ccnl prevedono particolari guarentigie, giuste, per le donne, in relazione alla maternità, al fatto di accudire i piccoli e ad altri compiti che vanno tutelati.

Gli stessi sindacati non diffondono l’informazione che abbiamo prima descritto e cioè che nulla vieta alle persone di intraprendere lavori autonomi anziché continuare ad aspettare che qualcuno gli dia un lavoro dipendente. Nulla vieta che ai cittadini (uomini e donne) venga lo stimolo di inviare centinaia di curricula nei siti ove sono richiesti lavori.

Non viene detto all’opinione pubblica che la gran parte dei disoccupati non trova lavoro perché non ha qualificazione, non avendo provveduto a formarsi e ad acquisire competenze. Da più parti viene stimato un numero molto alto, forse vicino a 500 mila persone, che potrebbero trovare occupazione immediata se avesse i requisiti richiesti.

I sindacati non diffondono anche un’altra questione importantissima e cioè che gli stipendi non possono essere una variabile indipendente dal buon andamento dell’attività delle aziende pubbliche e private. Il concetto che si vada a lavorare per passare tempo è diseducativo e dovrebbe essere cancellato da una informazione corretta, completa ed obiettiva.

Dunque, i lavoratori diventino imprenditori, acquisiscano competenze e stiano pronti per essere inseriti nelle attività che progrediscono continuamente, perché il futuro è già arrivato e non può essere rimandato. Guai a chi lo pensasse.

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