I giovani intendono sempre più il lavoro come progetto di vita e non più solo come strumento di guadagno
Giovani senza bussola e confusi sul proprio futuro professionale. Il 57,3% dei ragazzi tra i 15 e i 28 anni non ha alcuna idea sul lavoro che svolgerà nel futuro o sulle competenze professionali che vorrà sviluppare. Tale percentuale, come prevedibile più alta per le fasce di età più basse, supera il 50% per l’età compresa tra i 18 e i 24 anni e si attesta al 41,2% per la fascia di età 25 e oltre. Ovvero le classi di età che potrebbero e dovrebbero essere già inserite nel mercato del lavoro. È quanto emerge dall’anticipazione di alcuni risultati dell’indagine sui Servizi di orientamento svolta dall’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) su un campione è di 3.642 giovani in età compresa tra i 15 e i 29 anni e presentata oggi nel corso di un convegno a Roma.
“Troppi ragazzi non raggiungono la consapevolezza di una identità professionale e di un ruolo nella società in grado di coniugare le proprie aspirazioni con i propri talenti e con le dinamiche del mercato del lavoro -ha dichiarato il professor Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp- e questo impone una riflessione e una rivisitazione dell’intero sistema dei servizi di orientamento in sinergia col sistema dell’istruzione e della formazione professionale. Anche perché, nella maggior parte dei casi, si tratta di maggiorenni. Esiste un bisogno inespresso di orientamento che deve essere intercettato e soddisfatto attraverso un accompagnamento che faciliti i complicati passaggi dei giovani nelle varie tappe del loro percorso, sia esso formativo che professionale”.
In generale, sono soprattutto i ragazzi ad avere le idee confuse, 60% contro il 55% delle femmine, e gli inattivi, coloro che non studiano e non lavorano. Riguardo alla fruizione dei servizi di orientamento ben il 38,1% degli intervistati dichiara di non aver mai fruito di alcun servizio. Tra i motivi di tale scelta la percezione di un’assenza di necessità, dovuta in parte all’idea che tali servizi siano utili soprattutto nella fase di ricerca di un lavoro. Ma c’è anche un altro dato che desta preoccupazione: circa il 13% ne ignora l’esistenza.
Insomma, i centri di orientamento sono ancora poco conosciuti e poco frequentati. E quando ci si va è per motivi molto specifici: ricerca di informazioni su opportunità di tirocini e stage, supporto nella ricerca del lavoro. Ma non va trascurato un altro dato: il 19.5% dei giovani che chiede all’orientamento una consulenza che li aiuti a capire e definire i propri obiettivi lavorativi e formativi. Segnale che la confusione e l’incertezza sul proprio futuro è un’esigenza che viene percepita, almeno da un ragazzo su cinque.
Tra chi ha usufruito dei servizi di orientamento, privilegiando quelli offerti dalle scuole e dai centri per l’impiego, il 66% si dichiara soddisfatto. Tuttavia, si registra anche un 29% che si dichiara insoddisfatto dell’esperienza fatta. Le ragioni di tale insoddisfazione – riferisce l’indagine – derivano dal non aver ricevuto informazioni adeguate o dall’aver provocato maggiore confusione.
Un’ampia sezione dell’indagine è dedicata ai valori attribuiti dai giovani al lavoro. I risultati ottenuti mostrano un cambiamento di prospettiva. I giovani, infatti, intendono sempre più il lavoro come progetto di vita e non più solo come strumento di guadagno, mettendo al centro la qualità di vita. I giovani cercano molto più di un posto di lavoro e di guadagno, cercano situazioni in cui possono realizzare sé stessi dal punto di vista umano e professionale.
“I giovani avrebbero bisogno di essere accompagnati e sostenuti nella costruzione e nella realizzazione del loro progetto di vita -ha proseguito Fadda- ma spesso i servizi si limitano a intervenire solo nei momenti della scelta dell’indirizzo di istruzione o al supporto nella ricerca di lavoro. Manca un sostegno educativo distribuito durante tutto l’arco della vita. Certo si registrano passi in avanti, il Pnrr prevede una riforma dell’orientamento, il ministero dell’Università e della Ricerca mette a disposizione dell’education circa 200 milioni per i prossimi anni, ma è necessario un ripensamento generale dell’orientamento; accompagnato da percorsi di formazione innovativi e da una destinazione più mirata delle risorse nel quadro della evoluzione dei fabbisogni professionali e formativi”, ha concluso.