A Palermo 60 mila posti di lavoro scoperti e 180 mila persone a casa con Rdc - QdS

A Palermo 60 mila posti di lavoro scoperti e 180 mila persone a casa con Rdc

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A Palermo 60 mila posti di lavoro scoperti e 180 mila persone a casa con Rdc

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mercoledì 03 Novembre 2021

La denuncia dei Consulenti del lavoro: “Non funziona l’incontro fra domanda e offerta di lavoro. Accelerare i concorsi per assumere personale nei Cpi e più controlli contro i furbi"

C’è il lavoro, ma mancano candidati. E’ il
paradosso di Palermo che, fra città e provincia, conta quasi 80mila
disoccupati
secondo l’Istat, ma dove il sistema di incontro fra domanda e
offerta di lavoro evidentemente non funziona.

Dalle rilevazioni dell’Ordine dei Consulenti
del lavoro di Palermo
emerge che le imprese non riescono a trovare
personale disposto a lavorare, soprattutto nei settori dell’edilizia per i numerosi
cantieri del “Superbonus 110%”, della ristorazione che è tornata a pieno ritmo,
del trasporto merci e dei servizi alla persona, nonché della metalmeccanica per
la manodopera specializzata.

Risulta un fabbisogno totale scoperto di circa 60mila unità. Eppure, secondo l’elaborazione effettuata dai Consulenti del lavoro su dati Inps e Anpal, a fronte di questa significativa offerta di occupazione, a Palermo e provincia ci sono 67.473 famiglie con 182.530 componenti che beneficiano del Reddito di cittadinanza; di questi soggetti, circa 40mila hanno già sottoscritto il Patto per il lavoro e sono stati presi in carico dai Centri per l’impiego.

Quindi, in teoria, esiste un’ampia platea di disoccupati inseriti in uno strumento di politica attiva del lavoro che potrebbero essere subito avviati a coprire buona parte dei posti disponibili. Ma ciò non avviene.

Antonino Alessi

“Le nostre imprese – osserva Antonino Alessi,
presidente dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Palermo – senza la
necessaria manodopera non riescono a rispondere alla ripresa che si è avviata
in città come nel resto del Paese. Da subito occorre garantire il funzionamento
dei Centri per l’impiego, stabilizzando il personale precario, accelerando lo sblocco
dei concorsi per assumere nuovo personale e dotando gli uffici di nuove tecnologie:
queste due ultime azioni sono già, comunque, finanziate da un Piano nazionale
che risale al lontano 2019”.

“Inoltre – aggiunge Alessi – ben venga la riforma
in senso restrittivo del Reddito di cittadinanza, a favore dei legittimi
destinatari e finalizzata a sanare le disfunzioni e le inefficienze che questo
strumento ha mostrato nella sua applicazione. Ma anche questa da sola non
basta. Bisogna colmare le carenze di personale dei servizi ispettivi, cosi da
intensificare i controlli per, da un lato, fare emergere il mercato sommerso e
spalmare la pressione contributiva e fiscale su una maggiore platea e,
dall’altro lato, individuare i tanti ‘furbetti’ del Reddito di cittadinanza
che, sia lavorando in nero sia decidendo di non faticare più, possono
comodamente ricevere a casa fino a 1.200 euro al mese”.

Alessi risponde anche ai non consapevoli
difensori del Reddito che criticano le imprese sostenendo che le offerte di lavoro
vengono rifiutate perché le retribuzioni proposte sarebbero troppo basse: “Non
è certo una legge sul salario minimo che può risolvere da sola il problema –
afferma Antonino Alessi – . Infatti, già qualche anno addietro avevamo proposto
che, accanto al ‘Documento unico di regolarità contributiva’, si sarebbe potuto
ragionare su un ‘Documento unico di regolarità retributiva’, da rendere obbligatorio
in tutte le commesse pubbliche e private e col quale imprenditore e dipendente
si impegnino a certificare congiuntamente che lo stipendio erogato è
corrispondente alla corretta applicazione, tabellare e normativa, del contratto
nazionale di lavoro di categoria o di quello regolatore del loro rapporto,
assumendosene entrambi le relative responsabilità”.

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