“Si torna a parlare di salario minimo anche in Italia dopo le novità decise in Spagna: ma come ci si sta muovendo e com’è la situazione negli altri Paesi Ue? Nel nostro ordinamento non esiste un livello minimo di retribuzione fissato per legge, con l’Italia che è tra i pochi a non aver ancora adottato una soglia minima di retribuzione, lasciando spesso spazio a contratti sottopagati e a condizioni di sfruttamento. Il lavoro povero è sempre più diffuso, oltre 1,3 milioni di lavoratrici e lavoratori guadagnerebbero meno di 7,83 euro l’ora. E, nel frattempo, l’Europa traccia la strada con la direttiva sui salari minimi adeguati, in tutto sono solo 5 i Paesi (noi inclusi) nell’Ue su 27 che non hanno introdotto il salario minimo, secondo i dati Eurostat. Invece tra i dieci Paesi candidati o potenziali candidati per entrare nell’Ue, ben 7 hanno un salario minimo nazionale ovvero Ucraina, Montenegro, Moldavia, Macedonia del Nord, Albania, Serbia e Turchia”.
Così, in una nota, Carmela Tiso, portavoce nazionale di Accademia Iniziativa Comune.
Salario minimo, la dichiarazione di Accademia Iniziativa Comune
“Alla luce di questo contesto, dunque, per l’Italia l’introduzione di un salario minimo non è più rinviabile, altrimenti si rischia di restare indietro, con conseguenze gravi per milioni di lavoratori e per la competitività del sistema economico. Serve un intervento legislativo chiaro ed efficace, al fine di tutelare chi non ha accesso a contratti collettivi adeguati e per dare certezze a chi contribuisce ogni giorno alla crescita del Paese. Il salario minimo non è solo una misura economica, ma un simbolo di democrazia e giustizia sociale, essenziale per lo sviluppo del Paese. È ora che la politica assuma questa responsabilità”, conclude Tiso.

