Attrice, drammaturga e regista: ecco la sua visione dell’universo femminile
PALERMO – Luana Rondinelli è attrice, drammaturga e regista. Nata nel 1979 a Roma, ma cresciuta a Marsala, si diploma alla scuola di teatro del comune di Marsala diretta dal maestro Michele Perriera. Continua la formazione presso Ribalte, scuola romana di recitazione guidata da Enzo Garinei, e partecipa a molteplici laboratori. Nel 2011 fonda la compagnia Accura Teatro ed è autrice e regista di “Taddarite”: pièce contro la violenza sulle donne, con cui conquisterà il premio della critica al contest internazionale Etica in Atto 2013, oltre a quello del Roma Fringe Festival 2014 come miglior spettacolo e drammaturgia. Vittoria, quest’ultima, che consentirà l’approdo della rappresentazione negli Usa al San Diego International Fringe Festival 2016, anticipato dalla chiamata all’In Scena! Italian Theater Festival 2015 di New York.
Il Quotidiano di Sicilia l’ha intervistata.
Chi sono le “fimmine” protagoniste dei suoi lavori teatrali? Quali peculiarità presentano?
“Le mie ‘fimmine’ sono donne che hanno la forza di ricominciare, donne che seppure la vita le ha buttate a terra in qualche modo si rialzano, donne che non si arrendono, capaci di riscoprirsi e riscoprire capacità e talenti che le valorizzino per ricominciare un nuovo percorso. Sono Franca Rosa e Maria le tre sorelle vittime di violenza domestica in Taddrarite, sono Mariannina e Giacomina donne controcorrente l’una lo specchio dell’altra in Giacominazza, è Penelope e tutte le figure femminili che costellano questa riscrittura dell’odissea, è Vincenzo che compie il suo viaggio per diventare finalmente Innocenza, in Gerico Innocenza Rosa”.
Penelope, Taddarite, La Magnifica: c’è un fil rouge, qualcosa che unisce tutte le protagoniste?
“Il fil rouge che accomuna tutte le storie è la possibilità di affrontare gli altri senza più vergognarsi, senza più essere schiavi di una società che ti vuole diversa da quello che sei ma ripartire da sé stessi, dall’amor proprio, dai propri sogni, dal proprio valore. Il filo rosso che le accomuna è l’ironia come ancora a cui aggrapparsi, è la capacità di non soccombere mai e di rinascere a nuova vita. È provare a guardare oltre la sofferenza perché anche il dolore attraversandolo, a volte, ci salva”.
A quale progetto sta lavorando in questo momento?
“Stiamo portando in scena La lupa per la regia di Donatella Finocchiaro, che ne è anche la protagonista insieme a 12 attori, inclusa la sottoscritta: Bruno Di Chiara, Chiara Stassi, Ivan Giambirtone, Liborio Natali, Alice Ferlito, Laura Giordani, Raniela Ragonese, Giorgia D’Acquisto, Federica D’Amore, Roberta Amato, Giuseppe Innocente e Gianmarco Arcadipane. Ho riscritto il testo e collaborato alla regia. Un’esperienza di grande crescita professionale e emotiva. Un gruppo coeso (costumi e scenografia di Vincenzo La Mendola, disegno luci di Gaetano La Mela) e di grande talento. Attraverso le mie parole, le visioni registiche di Donatella e i movimenti scenici di Sabino Civilleri, abbiamo creato una Lupa di grande impatto, una versione che pone al centro la libertà della donna. Una lupa tridimensionale come amo definirla, con scene scritte di sana pianta e nuovi personaggi (le prefiche) che scandiscono il tempo di una società bigotta e ipocrita. Vi aspettiamo per le date di Palermo al Teatro Biondo dall’11 al 16 aprile”.
Parità di genere e lotta agli stereotipi: a che punto è il mondo dello spettacolo? Cosa impedisce a molte donne di oggi (e di ieri) di dare piena attuazione al proprio potenziale?
“Nel mondo dello spettacolo siamo molto indietro e l’unico modo che ho per lottare contro la disparità di genere è la scrittura, attraverso la quale lancio i miei messaggi, raccontando storie di donne che lottano. Noto, inoltre, che intorno a me c’è molta difficoltà a declinare al femminile determinate parole e determinati ruoli. Noi donne, troppo spesso, siamo considerate scomode e, per questo, facciamo fatica a emergere in ambito lavorativo per esprimere il nostro reale valore”.
Quando hai capito che il teatro era la tua strada?
“Il richiamo del palcoscenico è avvenuto a 15 anni quando ho visto il mio primo spettacolo teatrale, ‘Il Berretto a sonagli’ di Pirandello. Eravamo andati con la scuola. Quel giorno il tempo si fermò, fui letteralmente risucchiata, una sensazione strana, come se fosse stata un’arte conosciuta da sempre, ma che solo in quel momento riusciva a prendere forma davanti a me. Da quell’istante non mi sono più fermata: ho iniziato con piccoli ruoli in due compagnie amatoriali importanti della mia città, prima ‘Gli Amici di Totò’ e poi la compagnia ‘Teatro Nuovo’. Un periodo che mi è servito tantissimo, fino alla scuola del mio amato maestro Michele Perriera che mi ha formata come attrice e poi il periodo romano nella scuola di Garinei”.
A quale scrittore siciliano sei particolarmente legata?
“Sicuramente Pirandello per il legame con il primo spettacolo che ho visto, anche se ho imparato ad amarlo e conoscerlo tardi con gli anni, quando ho capito che tante cose ci erano comuni, che infondo ci somigliavamo e che a guardarlo attraverso le sue parole vedevo un po’ di me! Magari prima o poi metterò qualcosa in scena di Pirandello, chi lo sa”.