Le idi di marzo - QdS

Le idi di marzo

Antonino Lo Re

Le idi di marzo

Giovanni Pizzo  |
lunedì 14 Marzo 2022

Se c’è una cosa certa nella politica siciliana è l’imprevedibilità di Gianfranco Miccichè. Tra pochi giorni avremo le risposte. Il tempo è ormai scaduto

Dell’Utri piega Miccichè, titolava ieri un noto quotidiano, con una punta quasi di soddisfazione. Dell’Utri da nemico pubblico n.1 diventa il risolutore, ad ottant’anni passati, della ex fu gloriosa Forza Italia di cui fu fondatore. Come se Cesare pugnalasse Bruto. Avevo avvertito Gianfranco Miccichè di stare attento alle idi di marzo. Miccichè e Dell’Utri, entrambi nel cuore di Pubblitalia prima, in Forza Italia poi. Il vecchio allenatore della Bacigalupo, tornato in libertà non vigilata, raduna un manipolo di beneficati dall’allievo, e insieme al novello sodale palermitano, il senatore Schifani, tenta di demolire il trono del sempiterno viceré di Berlusconi. Il quale ormai è esclusivamente una presenza telefonica, come quelle segreterie con la voce preregistrata. Se vuoi parlare con l’amministrazione premi il tasto 1, se vuoi parlare con un operatore chiama Tajani, se Tajani ti sta sugli zebedei premi il tasto 3 per Ronzulli. La fine di un impero affidata ad un call center.

La manovra messa in campo viene da lontano. C’è un giovane Gallo, anche se Afflitto, che come Jago sobilla e congiura da tempo, a questo si sono aggiunti via via altri beneficati dal sistema Musumeci, tra assessori e presidenti di commissione. Tutti hanno un denominatore comune. La personale sopravvivenza politica. Anche se così facendo rischiano di ammazzare la gallina delle uova d’oro del consenso, l’unico organizzatore di liste di Forza Italia. Prima che lui tornasse coordinatore il partito era scomparso. Nella precedente legislatura i forzisti erano totalmente residuali, sia numericamente che politicamente.

Questa manovra ha lo scopo di riassicurare la candidatura a Musumeci e le posizioni regionali e nazionali dei forzisti legati al governatore, ora rientrato alla casa della madre della patria. La Giorgia Nazionale. Per Miccichè è arrivato il tempo delle scelte. Se accetta supinamente questo ripiegamento rischia di essere fatto fuori il giorno dopo le comunali di Palermo. Per lui, vecchio leone, riecheggiano le parole di Tomasi di Lampedusa: “Noi fummo gattopardi, dopo di noi verranno gli sciacalletti, le iene”, ed alcuni congiurati del suo regno potrebbero averne le fattezze. O combatte l’ultima battaglia per il controllo di Forza Italia in Sicilia, o riapre il cantiere di Grande Sud e spacca il fronte dei moderati. La cosa è già avvenuta una volta e Musumeci andò alla cocente sconfitta.

Le mosse degli ultimi tempi, la relazione speciale con gli uomini di Sicilia Futura e il pranzo del ferry boat con la famiglia Genovese, sembrerebbero suggerire che si stia preparando con nuove truppe per una lista corsara, dalle mani ed alleanze libere. Ma se c’è una cosa certa nella politica siciliana è l’imprevedibilità di Gianfranco Miccichè. La partita di Palermo in cui aveva scelto di fare correre Lagalla dovrà essere ripensata. Sarà Cascio il suo nuovo alleato o si rivelerà un amico del giaguaro? La lega andrà con lui o si allineerà a Fratelli d’Italia in vertici romani? Tra pochi giorni avremo le risposte. Il tempo è ormai scaduto.

Così è se vi pare.

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