Le madri del popolo di Israele - QdS

Le madri del popolo di Israele

Giuseppe Sciacca

Le madri del popolo di Israele

giovedì 24 Giugno 2021

La Bibbia ci consegna la figura delle quattro matriarche: Sara, Rebecca, Rachele e Lea

La Bibbia ci consegna la figura delle quattro matriarche: Sara, Rebecca, Rachele e Lea, collocate in un mondo in cui apparentemente l’azione sembra riservata esclusivamente agli uomini. Un universo in cui alle donne sono demandati solo i compiti della gestione della famiglia. In realtà, una più attenta indagine su queste donne, fa emergere chiaramente che non sono state solo le mogli dei patriarchi, ma ci rivela come sia stata importante il loro agire. Ciascuna ha una sua storia diversa dalle altre, così come è differente la loro personalità per temperamento e carattere. Un’unica caratteristica le accomunerà, con esclusione di Lea. Paradossalmente, condividono solo una incombente minaccia di sterilità, che mal si addice a coloro che sono destinate a diventare le madri di un grande popolo.

Sara è la moglie di Abramo, il primo patriarca, che è un uomo che ha un rapporto diretto e costante con Dio, da cui ha ricevuto la promessa di una grande discendenza. Sono già entrambi i coniugi in età matura e non hanno figli. Nella loro vita non sono mancate le avversità, ma la fede di Abramo non vacilla. Come gli è stato ordinato, ha lasciato alle sue spalle il paese d’origine e tutto il suo mondo, perché contaminato dalla superstizione e dal paganesimo. Un ambiente da cui andava preservata la nascente fede monoteistica. Sara, non interferisce in questo rapporto del suo uomo con Dio, gli è vicina nell’attesa. Quando si sentirà definitivamente condannata alla sterilità, dimostrerà tutta la sua determinazione e concretezza, proponendo al marito di unirsi alla sua schiava Agar, per far sì che abbia dei figli, e quindi la discendenza che gli compete e che gli è stata promessa. Quando, successivamente, invece, anche lei diventerà madre di Isacco e comincerà a vedere nella schiava, con cui si è unita suo marito e nel loro figlio Ismaele, una insidia per la sua famiglia, con eguale determinazione, chiederà ad Abramo di allontanarli dal loro insediamento. Ed Abramo le presterà ascolto. Del resto è stata la stessa Trascendenza a dire al Patriarca “ascolta la sua voce” che non vuol dire “obbediscila”, bensì cerca di comprendere il significato più profondo delle sue parole. Quasi un’attestazione di saggezza.

Isacco, non ha le stesse caratteristiche di comportamento del suo genitore, lui è un uomo più propenso all’introspezione che all’azione e alla innovazione, è un Patriarca che tende a stabilizzare e conservare l’operato paterno. Infatti, un detto afferma: “Abramo ha scavato i pozzi e Isacco li ha ripuliti dalla sabbia”. è pure detto, a chiarimento e giustificazione del suo modo di essere, che Isacco stava per essere immolato dal padre ed un angelo lo ha salvato, ed avendo vissuto questa esperienza estrema guarda alla vita con distacco. A lui viene destinata Rebecca, che su ordine di suo padre, un servo fedele va a ricercare in un paese lontano, nella regione da cui era originario Abramo. Costei è una donna di grande forza d’animo che, avendo ricevuto la proposta di unirsi in nozze con Isacco, non esita a lasciare la propria famiglia ed affrontare un lungo viaggio per trasferirsi presso lo sposo. è una donna di poche parole, ma che al momento opportuno, saprà fare i fatti, mossa da una lungimiranza che manca al marito. Infatti, sarà capace di un clamoroso gesto di discutibile lealtà e correttezza. Quando Isacco è ormai vecchio, cieco e prossimo a concludere la sua vita, si attiverà per sostituire Giacobbe al posto di Esaù, al momento del conferimento della primogenitura, facendo si che contro le regole e la volontà del marito, il figlio maggiore venga escluso dalla successione. Rebecca insorge contro tutto e tutti affinché Giacobbe venga posto a capo del suo popolo. Il figlio minore che non ne aveva diritto, ma che ne aveva le qualità. Isacco non era stato capace di vedere lontano, sua moglie era più lungimirante. Un comportamento spiccatamente pratico che supera e travalica le norme e la volontà altrui per il supremo bene delle sue genti. Contrariando la volontà del marito, con intraprendenza e pragmatismo, questa matriarca ha agito per un fine superiore, il bene della sua stirpe.

Ed infine Giacobbe, divenuto patriarca grazie allo stratagemma attuato dalla madre, al momento in cui sarà innamorato e vorrà sposare Rachele, subirà, a sua volta, un inganno a cui non è estranea quest’ultima, anche se mossa da motivazioni nobili, quale la pietà per la sorella e il rispetto delle regole. Sarà indotto in errore dal padre delle ragazze, che è pure suo zio e risponde al nome di Lavan. Costui vuole osservare la tradizione in forza della quale deve sposare, per prima la figlia maggiore Lea, la quale, non ha la grazia della minore, circostanza che indurrà il padre, per ragioni pratiche ed egoistiche ad adoperarsi per imporre, con subdoli artifizi le nozze della figlia più svantaggiata. Giacobbe, non smetterà, per un solo istante, di amare Rachele ed aspetterà sette anni, svolgendo un duro lavoro alle dipendenze di Lavan, per riscattare e sposare anche Rachele. Le due matriarche convivranno sotto lo stesso tetto, Rachele resterà sempre la più amata e si distinguerà per la sua sensibilità verso la infelicità altrui. Lea, si affiderà, costantemente, al Signore e convoglierà su di Lui, quell’amore che non si vede ricambiato dal marito, come vorrebbe. Nella sua imperfetta unione coniugale è benedetta dal Signore con la nascita di sette figli, mentre Rebecca, che per tanti anni avrà il timore di non poter generare, morirà di parto mettendo al mondo Beniamino. Lea, infine, anche se resta sempre in una condizione meno favorevole, conquista una grande dignità spirituale e non lo fa passivamente, o con la sola preghiera, ma impegnandosi nella vita di tutti i giorni.

Nulla accade per caso, i progenitori del popolo di Israele si sono trovati l’uno accanto all’altra per la realizzazione di un progetto in cui il loro agire, bilanciandosi senza sovrapporsi e senza sostituirsi nei ruoli, è stato lo strumento opportuno per la realizzazione della Promessa ricevuta da Abramo. Appare di tutta evidenza, quindi, come il profilo delle personalità di ciascuna delle Matriarche non è di minore importanza e dignità di quello degli Uomini a cui erano andate in spose.

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