Il rapporto Ecomafie 2025 di Legambiente, presentato oggi a Palermo, dipinge un quadro inquietante dell’aumento di reati ambientali in Italia, con primati poco rassicuranti per la Sicilia. Alla presentazione del volume contenente la ricerca condotta da Legambiente ed esposta dal responsabile dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente, Enrico Fontana, c’erano il presidente di Legambiente Sicilia Tommaso Castronovo, la copresidente nazionale del Centro d’azione giuridica ed il procuratore della Repubblica di Palermo Gianluca De Leo. In sala però anche Guardia Costiera e carabinieri, sul campo entrambi quotidianamente impegnati su indagini e denunce di crimini contro l’ambiente.
Rapporto Ecomafie 2025 di Legambiente, il super business che minaccia l’ambiente
Un’idea di come quello dei reati ambientali sia un business in crescita costante arriva subito con poche ma dirompenti cifre esposte da Fontana. Uno su tutti il fatturato illegale dell’ecomafia: 9,3 miliardi di euro. Da questo dato si deduce con estrema chiarezza come e quanto l’illegalità ambientale sia oggi un affare d’oro in cui, parlando nel più dei casi di rifiuti, il lavoro sporco lo fanno le associazioni criminali a vantaggio delle imprese apparentemente in regola. Tra il 1995 e il 2024 sono stati censiti infatti 11 nuovi clan dediti ad “affari sporchi” in materia ambientale. E se sulla prima linea delle attività investigative, quindi delle denunce, ci sono associazioni criminali definibili clan o mafie, tra le oltre 37 mila persone denunciate ci sono anche 88 inchieste per corruzione ambientale.
Le maglie nere della Sicilia
La Sicilia ha dei primati sul fronte dei reati ambientali. La sua vocazione dettata dal profilo geografico l’ha vista nel 2023 in testa alla classifica nazionale dei reati contro gli animali. La pesca è il motivo di tale record, perché dai ricci in tavola ad altre delizie protette o soggette a limitazioni in Sicilia se ne fa grande consumo. Ben oltre il lecito. Sul piano dei reati ambientali la Sicilia è seconda soltanto a Campania e Puglia, esattamente come sul ciclo del cemento. Quarta, dopo Calabria, Puglia e Campania, per reati relativi agli incendi boschivi e di vegetazione. Su questo aspetto è da notare che nel 2024, anno record per la Sicilia in termini di temperature, siccità e carenze di risorse idriche in laghetti ed invasi utili allo spegnimento degli incendi boschivi, rispetto al 2023 questo genere di reati ha subìto un drastico calo, con una riduzione del 41%. Resta che quasi 18mila ettari di superficie sono andati in cenere e per numero di incendi l’Isola è comunque seconda dopo la Calabria e non quarta.
Legambiente, le maglie nere del rapporto Ecomafie 2025 per provincia
Se la Sicilia sale sul podio a livello nazionale per varie tipologie di illeciti ambientali, alcune sue città non sembrano voler essere da meno. Palermo è al settimo posto della classifica nazionale dei reati ambientali e come provincia siciliana sale addirittura sul podio al primo posto. Primo posto, per il capoluogo, anche per i reati contro gli animali. Seguono Trapani e Agrigento. Trapani però balza in testa alla classifica se si considera l’incidenza dei reati ambientali (uno ogni 6,4 km²) seguita a ruota da Messina. Si piazza bene su ogni tipologia anche Agrigento.
Città di arte, storia, cultura, archeologia e crimini anche contro il patrimonio. La Sicilia è infatti quarta regione in Italia per il saccheggio del patrimonio culturale. Nel 2024 il Comando Tutela del patrimonio culturale dell’Arma ha denunciato quasi tremila persone. Il 47,9% di tali crimini si concentra in quattro regioni del sud Italia, rispettivamente la Puglia, la Campania, la Calabria e la quarta nella specifica classifica risulta essere la Sicilia.
La legge salva ambiente del 2015 e il lavoro dello Stato
Dall’entrata in vigore della nuova legge contro i reati ambientali, nel 2015, in nove anni la Sicilia è risultata la prima regione per valore dei beni sequestrati in base ai delitti ambientali con un totale di 432 milioni di euro. “La Sicilia è la prima regione d’Italia come valore dei beni sequestrati, in base alla legge che ha introdotto i delitti contro l’ambiente nel codice penale nel 2015, e la seconda d’Italia per il delitto di inquinamento ambientale dopo, la Puglia, e la terza per disastro ambientale”. Questa la premessa sui dati che riguardano l’Isola che ci viene fornita da Enrico Fontana.
“Il dato che vale la pena sottolineare – prosegue il responsabile dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente – e che è proprio recentissimo, è che in tema di mercato criminale dei rifiuti lo Stato ha alzato la voce. L’abbandono di rifiuti, anche speciali e pericolosi, le discariche abusive e le spedizioni illegali di rifiuti che erano reati di natura contravvenzionale sono diventati delitti”.
Aumentano quindi i reati contro l’ambiente, che ora sono perseguibili sul piano penale, ma aumentano anche le denunce. La legge ha dato quindi il via a filoni di indagini che talvolta conducono ad associazioni criminali, di stampo mafioso e non, ma altre volte conducono dritto fino a corruzione e illeciti di colletti bianchi. Perché – come hanno confermato i relatori Castronovo, Fontana, Ciancimino e De Leo – dietro c’è un business enorme e, riprendendo le parole del responsabile dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente, le “mafie fanno analisi costi-benefici”.
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