L’emergenza rifiuti? La “ricetta” di Greenpeace per la Sicilia - QdS

L’emergenza rifiuti? La “ricetta” di Greenpeace per la Sicilia

Paola Giordano

L’emergenza rifiuti? La “ricetta” di Greenpeace per la Sicilia

domenica 31 Gennaio 2021

Parla Chiara Campione, responsabile Unità corporate and consumers dell’organizzazione ambientalista. Lotta alla plastica: “Investire sulla rete di distribuzione dell’acqua per eliminare le bottiglie”

PALERMO – Nel Nord Italia e Oltralpe è da anni diventati una risorsa. In Sicilia invece continua ad essere un problema. Per l’ambiente e per le casse di Comuni e Regione. La “munnizza” è insomma uno dei principali grattacapi dell’Isola. Nonostante la raccolta differenziata sia cresciuta, deteniamo ancora il record di spazzatura smaltita in discarica: il 58% nel 2019 secondo gli ultimi dati dell’Ispra. La Lombardia, per contro, registra appena il 4%.

Abbiamo chiesto a Chiara Campione, responsabile Unità Corporate and Consumers di Greenpeace Italia e responsabile internazionale di #HackYourCity, quali siano le soluzioni di Greenpeace sulla spinosa questione.

Al di là della vostra posizione sui termovalorizzatori, non credete che sia utile pensare al rifiuto come carburante o fonte di energia e dunque a soluzioni per trasformarlo?
“Le recenti direttive europee sull’economia circolare prevedono di indirizzare gli sforzi verso riduzione del rifiuto, raccolta differenziata, riciclo e compostaggio, pretrattamento e smaltimento, e non verso nuovi inceneritori e discariche. Questi sono gli obiettivi che ci dà l’Europa e che noi dobbiamo rispettare. Quindi per risolvere la questione rifiuti, che è chiave in una Regione come la nostra, bisogna produrre meno rifiuti e avviare quel che rimane a percorsi circolari con recupero di materie prime e seconde da destinare a nuova vita o, in alcuni casi, anche per la produzione di energia ma non con tutti i rifiuti. Entro il 2035 il nostro Paese potrà inviare un massimo del 10% delle tonnellate di rifiuti urbani in discarica e quindi anche la Sicilia si dovrà adeguare”.

Come?
“Aumentando la capacità impiantistica per quel che riguarda il riciclo e il compostaggio. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza potrebbe esserci una buona notizia per la Sicilia perché uno dei pochi progetti a cui si fa riferimento nell’ultima bozza è appunto l’aumento dell’impiantistica a Palermo e a Catania per riciclo e compostaggio dei rifiuti. Ed anche riducendo al minimo la quantità che va in discarica. Se si opera in questo modo non ci sarà bisogno né di nuovi inceneritori né di nuove discariche: se dovesse essere questa la soluzione, si vincolerebbero per decenni nuovi territori in Sicilia a problemi ambientali. Un esempio concreto è la plastica, che è un materiale che usiamo principalmente per applicazioni monouso ed è uno di quei materiali che va assolutamente e drasticamente ridotto se non addirittura eliminato”.

Come ridurre il consumo di plastica?
“A livello individuale ci sono tantissime soluzioni che possiamo adottare: eliminare l’uso di piatti e bicchieri di plastica. Ritengo poi che le amministrazioni, le regioni, il governo debbano pensare ad esempio alla questione delle acque, anche perché abbiamo dei target europei da rispettare e per farlo ci devono essere campagne di informazione ai cittadini ma anche pressioni per accelerare il fenomeno dell’eliminazione della plastica in tutte le aziende e le multinazionali che continuano ad utilizzarla ma anche nel settore della distribuzione. Penso a tutta la parte del packaging”.

Qual è l’obiettivo da raggiungere?
“Entro il 2035, non potremo utilizzare più plastica per uso comune e quindi è chiaro che elimineremo dal monte rifiuti che dobbiamo gestire questa fetta di spazzatura. Le abitudini dei consumatori vanno cambiate: non è facile ma neanche impossibile. Se si guarda al sistema rifiuti ha più senso fare un’altra discarica o un termovalorizzatore che bruci la plastica o investire sulla potabilizzazione e sulla rete di distribuzione dell’acqua ai cittadini in modo da eliminare del tutto le bottiglie? In una città come Palermo o Catania l’acqua è potabile, si può bere ma bisognerebbe fare investimenti per ottimizzare il sistema di distribuzione e soprattutto investire sulla distribuzione pubblica dell’acqua: dalle fontanelle ai distributori di acqua, ai servizi del vuoto a rendere in vetro. Il problema va quindi risolto alla radice, non a monte pensando di fare un termovalorizzatore o inquinando un’altra provincia siciliana con discariche o incenerimento di plastica”.

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