Riceviamo e pubblichiamo le considerazioni dell'ex giornalista scientifica ed esperta nuove tecnologie gestione rifiuti Margherita Bologna
Caro Direttore,
Rispondo a questa sua affermazione: “Spesso chi critica il termovalorizzatore non dice quale sia l’alternativa”. Io l’alternativa l’ho ben chiara, sindaco Gualtieri e l’ho indicata sinteticamente nella lettera inviata all’assessore Sabrina Alfonsi il 20 aprile scorso ed anche nelle mie osservazioni al Programma nazionale di gestione dei rifiuti (PNGR).
L’errore di fondo che si fa, per inerzia mentale o per altre ragioni, è quello di considerare gli impianti di trattamento meccanico e biologico esistenti (tmb) come tecnologie di pretrattamento dei rifiuti indifferenziati funzionali esclusivamente ad uno sbocco obbligato: l’incenerimento e la discarica. Invece, grazie alle tecnologie di cui disponiamo oggi possiamo benissimo utilizzare i tmb in un’ottica di economia circolare, trasformandoli con poca spesa in centri dai quali si dipartono due linee di riciclo: quella dei rifiuti secchi (plastiche miste o plasmix) e organico. Come? Semplicemente aggiungendo una macchina che separa al 98% l’organico dai rifiuti secchi.
Un altro assunto che con il mio lavoro di ricerca ho dimostrato essere un pregiudizio ripetuto come un ritornello nei convegni del settore, è che le plastiche miste non si riciclano mentre le tecnologie per riciclare le plastiche miste di scarto in Italia sono già operative. Così dalle plastiche miste separate nei tmb possiamo ricavare altri materiali come fioriere, tubi, bobine, pallets, nuove panchine per Roma, ecc.. mentre l’organico residuo si può stabilizzare e utilizzarlo come copertura delle discariche.
Oltre alla soluzione indicata ce n’è un’altra realizzabile in tempi molto più brevi (18 mesi) dell’inceneritore con recupero energetico: un impianto che, senza produrre nessun tipo di emissioni, opera una trasformazione termochimica di tutti i rifiuti inclusi sotto il codice EER 191212 (cioè quelli trattati nei tmb tra cui l’organico e le plastiche miste) che dà come risultato finale la produzione di un bio-olio da aggiungere ai carburanti, in sostituzione dell’olio di palma. Inoltre questa stessa tecnologia può essere usata per bonificare le discariche esistenti che presto potrebbero diventare le miniere urbane da cui attingere risorse non ancora sfruttate.
Sappiamo che nelle discariche, come è accaduto in quella abusiva di Castel di Leva nel Laurentino ora bonificata, non sono collocati solo i materiali postconsumo non valorizzati nei tmb ma anche quelli provenienti dalla demolizione delle automobili, il cosiddetto “car fluff” costituito da gomme, vernici, tessuti di rivestimento, ecc…. Per queste tipologie di scarti ed anche per tutte le parti in plastica e gomma dei Raee (rifiuti apparecchiature elettriche ed elettroniche) ora c’è un’altra soluzione impiantistica innovativa che, senza produrre emissioni, li trasforma in combustibili liquidi e gassosi, utilizzabili per produrre energia elettrica e termica. Le due tecnologie descritte sono l’alternativa esistente che pone fine al trito e ormai superato confronto tra i pregi dell’inceneritore con recupero energetico e gli svantaggi della discarica, per aprire realmente le porte allo sviluppo di una economia circolare che non impatta sul clima e consente di raggiungere l’obiettivo discarica 10% molto prima del 2035. Essendo poi tecnologie non di grossa taglia ma modulari possono “concorrere a formare un’adeguata struttura impiantistica correlata al differenziato fabbisogno territoriale”, con la soddisfazione dei cittadini romani che non sembrano propensi ad accettare sul loro territorio impianti di grossa taglia che gestiscono la “mondezza” di tutti.
Vorrei esprimere, inoltre, una considerazione sui “risparmi” conseguenti alla “riduzione del fabbisogno energetico” della città di Roma nell’ipotesi della costruzione di un inceneritore con recupero energetico. Se nella gerarchia europea che governa la gestione dei rifiuti è data priorità al recupero di materia su quello di energia c’è una ragione: bruciare le plastiche in un inceneritore per ricavare energia ha un costo che forse i suoi collaboratori non hanno considerato. è il costo equivalente a quello sostenuto per l’estrazione di nuove materie prime vergini necessarie per produrre nuovi materiali in plastica. Così i risparmi prospettati per la città di Roma diventeranno costi pagati da tutti i cittadini italiani.
è sbagliata anche l’idea di voler allineare Roma all’Europa proponendo un inceneritore con recupero energetico, innanzitutto perché nel nord Europa gli inceneritori sono stati costruiti quando ancora non si conoscevano le tecnologie innovative e circolari che Le ho proposto. Secondo: nel nord Europa c’è tanto freddo e la radiazione solare non riscalda come quella che irraggia la città di Roma. Eppure nel nord Europa sono diventati capofila nella produzione dell’energia fornita gratuitamente dal sole. Perché non pensare piuttosto ad un rilancio della produzione di energia decentrata (e democratica) per i cittadini di Roma promuovendo, insieme alla regione Lazio, l’autosufficienza energetica attraverso le comunità solari per allineare all’Europa la città che governa?
Margherita Bologna
Rimini