Confucio (551-479 a. C.) ricordava che “Non bisogna fare agli altri quello che non si vorrebbe ci facessero”.
In altre parole, bisogna portare rispetto al prossimo, pretendendone la reciprocità. Rispetto di tutto: della personalità, del modo di pensare, di quello di agire e via enumerando.
Essere buoni non significa essere stupidi, ma comprensivi, tolleranti, disposti al servizio nei pensieri e nelle azioni. Insomma, avere senso civico e consapevolezza che il buon funzionamento della Comunità aiuta tutti e produce vantaggi per tutti.
I rapporti tra le persone sono regolati dalle leggi, le quali, essendo formulate da persone umane, non sono prefette. Anzi, qualcuno afferma che “Le leggi sono fatte per essere violate”.
Non è detto che la legge sia giusta, per cui il brocardo “Dura lex, sed lex” non è sempre vero, perché se la legge non fosse giusta non andrebbe eticamente rispettata.
Ed ecco che emerge il rapporto fra leggi e giustizia.
Le leggi devono essere amministrate con saggezza, un valore superiore alle stesse, con la conseguenza che se essa manca viene meno l’equità, altro valore indispensabile perché i rapporti fra le persone funzionino.
Naturalmente sono gli uomini preposti a gestire la Cosa pubblica che dovrebbero possedere l’arte del governare e la responsabilità etica di farlo con saggezza, somministrando la giustizia secondo leggi formulate in maniera equa.
Risulta evidente che bisogna rispettare l’organizzazione pubblica, a condizione che questa abbia riguardo dei cittadini dei quali è al servizio. In questo quadro agiscono le persone, le quali sono dotate di libero arbitrio, vale a dire della capacità di scegliere fra il bene e il male, fra il fare e il non fare, fra il rispetto e il non rispetto, fra l’osservanza o la non osservanza delle norme e così via.
Il libero arbitrio deve avere tre requisiti: la capacità di agire intenzionalmente; la capacità di scegliere tra possibili alternative; la capacità di controllare le proprie azioni. Le tre capacità parlano da sole, tuttavia meritano qualche chiarimento.
Sono escluse le azioni non intenzionali, cioé quelle che non dipendono dalla nostra volontà. Se l’ortopedico batte col martelletto sul nostro ginocchio, che ha un movimento involontario, non dipende da noi.
La capacità di scegliere fra possibili alternative significa che noi non dobbiamo essere costretti ad imboccare una via perché davanti ne abbiamo due o di più, per cui la responsabilità della scelta è tutta nostra. Addossare agli altri tale responsabilità è un comportamento sbagliato perché significa scaricarsi del proprio impegno di essere una persona umana.
Ed infine, la capacità di controllare le proprie azioni, perché noi siamo dotati di intelligenza e di volontà, con la conseguenza che dovremmo essere capaci sempre di stare sul binario dell’equità, senza appropriarci di cose altrui ed usando un linguaggio schietto e pulito che non confonda coloro che ci ascoltano.
Comportarsi in questo modo è necessario seppur difficile. Ma dobbiamo farlo.
Non sempre le nostre condizioni fisiche o economiche ci permettono di esercitare il libero arbitrio, perché potremmo essere costretti ad agire in un certo modo piuttosto che in un altro, oppure perché le nostre condizioni economiche non ci permettono di fare ciò che vorremmo.
Dal che risulta molto evidente la necessità per ciascuno di noi di raggiungere quel bene supremo che è la libertà. Per questo fine è essenziale essere in condizione di produrre ricchezza e guadagnare quello che ci serve, perché solo la libertà dai bisogni fa conseguire la libertà in senso generale.
Cosicché, ognuno dev’essere capace di progettare il proprio futuro a medio e lungo termine, in modo da non trovarsi impreparato quando le circostanze gli imporranno certi comportamenti e quindi, se preparato, il soggetto è in condizione di esercitare il libero arbitrio.
Non sembri che giriamo attorno alla questione, perché libertà, valori, comportamenti sono regolatori importanti dei rapporti umani. Bisogna osservarli.
