Dopo 109 giorni, finalmente i 18 pescatori sequestrati sono stati liberati. L’atto piratesco della Marina libica non ha giustificazioni se non nel fatto che il governo di Tripoli, che non era l’attuale, a suo tempo, si è accaparrato quel pezzo di mare fuori dalle sue acque territoriali, assumendo che esso gli appartenesse.
La Comunità internazionale mosse modeste proteste, ma di fatto qualunque peschereccio che si trovi in quel tratto di mare, abusivamente acquisito dalla Libia, corre il rischio di essere sequestrato.
A distanza di nove anni dalla morte di Gheddafi, forse dobbiamo fare un ripensamento se l’abbattimento di quel dittatore sia stato utile all’equilibrio interno di quel Paese, di 1.775.500 chilometri quadrati, con soli sei milioni di abitanti, ma con ingenti ricchezze dovute al petrolio.
Sembra vi siano 150 tribù che rappresentano tante unità autonome o indipendenti per cui è difficile tenerli insieme in quanto nessuna di esse ha il senso della Comunità nazionale.
In atto la Libia è divisa in due gruppi di potere: uno occidentale con a capo Al Sarraj e l’altro, nella Cirenaica, con a capo il generale Haftar.
I due gruppi si sono lottati in modo cruento appoggiati, il primo dalla Turchia, e il secondo da Egitto, Russia ed Emirati Arabi Uniti. Quei Paesi stranieri hanno inviato mercenari e armi per cui di fatto per interposta persona si sono scontrate Russia e Turchia.
Perché ci occupiamo della Libia?
In primo luogo, in quanto è nostra dirimpettaia a 1.254 chilometri (779,2 miglia) dalla Sicilia e, in secondo luogo, perché vi sono forti interessi italiani, soprattutto dell’Eni, che provvede ad estrazione e lavorazione del greggio.
I governi italiani hanno tentato più volte di condurre una mediazione tra i due gruppi di potere, non riuscendovi, perché occorre grande carisma del nostro ministro degli Esteri e forte personalità che induca i due nemici a convergere in un unico governo: quasi una missione impossibile data anche la carenza degli ultimi ministri degli Esteri.
Nonostante le buone intenzioni, la situazione rimane critica, per cui è consigliabile che i nostri pescatori non si rechino più in quel tratto di mare, vietato anche da un’altra parte dalla Repubblica maltese.
Il vescovo di Mazara, mons. Mogavero, quasi disperato, aveva chiesto al Governo l’intervento di una task force per liberare i 18 marinai. Però, la nostra Repubblica non dispone dei Navy Seals, cioè quelle forze speciali degli Stati uniti avvezze ad affrontare le situazioni disperate.
A parte ciò, Luigi Di Maio, una persona mite, ha cercato le vie amichevoli per arrivare alla liberazione. Questo è quello che appare. La verità è che sono stati i nostri servizi segreti a condurre le trattative e ad ottenere il risultato auspicato.
Ma Haftar sembra abbia posto la condizione che il Presidente del Consiglio Conte e il ministro degli Esteri Di Maio, dovessero compiere l’atto formale (e servile) di recarsi a Bengasi per rendergli omaggio e chiedergli il favore di liberare i marittimi.
In ogni caso, tutto è bene quel che finisce bene e se sia servita questa umiliazione del Governo italiano, può essere giustificata, anche se non completamente, dal risultato.
Qualcuno ha ipotizzato che dietro la scena, i registi abbiano anche concordato uno scambio con gli scafisti libici in carcere in Italia. Sembra una ipotesi improbabile ma i fatti delle prossime settimane la confermeranno o la smentiranno.
Infatti, se saranno liberati gli scafisti libici, o se il fatto avverrà dandone notizia pubblica, l’ipotesi verrà confermata. Se, invece, vi sarà silenzio, potrà rimanere il dubbio che l’opeperazione sia avvenuta, ma senza averne dato notiza.
La questione che analizziamo riguarda più direttamente la Sicilia che con la Libia potrebbe sviluppare un notevole business. Non certamente questa Libia.
A suo tempo, ricordo che Rino Nicolosi, presidente della Regione, andò più volte in visita a Gheddafi, ospite della tenda nel deserto del Ras, tutelato dalla sua guardia personale formata da donne. Me lo raccontava in quanto nel 1987 io fui consigliere di Nicolosi.
Non sappiamo se la Libia diverrà un Paese unito. Sarebbe auspicabile e in quel caso il presidente della Regione siciliana in carica, dovrebbe attivarsi per riprendere il filo di un rapporto da lungo tempo interrotto.
