All'una di stamattina i diciotto uomini liberati ieri hanno fatto rotta verso Mazara del Vallo, dov'era in corso una festa tunisina. L'arrivo è previsto per domenica. Ieri prima cena a bordo con i viveri consegnati dai libici
Era l’una della notte scorsa quando sono uscitio dal porto di Bengasi i due pescherecci della flotta di Mazara del Vallo Medinea e Antartide con a bordo i diciotto uomini liberati ieri dal governo del generale libico Haftar dopo la missione del premier Conte e del ministro degli Esteri Di Maio.
Il ritardo nella partenza è stato causato dalla necessità di ricaricare le batterie delle imbarcazioni rimaste ferme dopo il sequestro avvenuto il primo settembre scorso. Per velocizzare le operazioni è stato fornito agli equipaggi un booster, un apparecchio in grado accelerare la ricarica e consentire quindi la partenza delle due imbarcazioni.
Prima cena a bordo dei pescherecci
Nell’attesa di ricaricare le batterie, i pescatori sono tornati a cenare per la prima volta dopo il sequestro a bordo delle proprie imbarcazioni.
Le guardie dell’esercito di Haftar hanno consegnato generi alimentari che hanno potuto così mangiare a bordo.
La partenza è stata comunicata dal comandante del motopesca Medinea, Pietro Marrone, al suo armatore.
Le due imbarcazioni hanno fatto rotta su Mazara del Vallo e l’arrivo è previsto nella giornata di domenica.
A Mazara festa tunisina con canti e danze
Nel frattempo ieri sera è stata improvvisata a Mazara, nell’aula consiliare, una festa tunisina per la liberazione dei pescatori, con canti e danze.
I parenti dei marittimi musulmani hanno ballato insieme ai familiari dei pescatori italiani – soltanto otto su diciotto – secondo i riti tipici della tradizione maghrebina.
“Mamma stiamo tornando”
“Grazie a tutti in Italia. Ma ora lasciatemi andare, dobbiamo ricaricare le batterie per far partire i motori”.
La voce di Pietro Marrone, comandante del motopesca “Medinea”, era arrivata lontana dal porto di Bengasi, a sera, al termine di una giornata convulsa a Mazara del Vallo salutata dai festeggiamenti per la notizia della liberazione dei marittimi sequestrati.
Il capitano ha parlato al telefono con il suo armatore, Marco Marrone (hanno lo stesso cognome ma non sono parenti), spiegando i motivi del ritardo nella partenza.
A sciogliere la tensione per l’ennesimo imprevisto era stato uno scambio affettuoso di battute tra il comandante Marrone e la madre, Rosetta Ingargiola, 74 anni, che dalla mattina è in spasmodica attesa insieme agli altri familiari in una sala del municipio di Mazara del Vallo: “Mamma stai tranquilla, va tutto bene. Ci sentiamo non appena partiamo da qui”.
E sui visi tirati dei familiari è tornato il sorriso dopo settimane lunghissime di angoscia e ansia.
L’armatore ricostruisce i giorni drammatici
Il giovane armatore Marco Marrone ha ricostruito i momenti salienti di questa odissea a lieto fine attraverso il racconto “in diretta” degli stessi pescatori. A partire dal primo settembre, il giorno in cui ha appreso la notizia che mai avrebbe voluto sentire: “È stato il capitano Giacomo Giacalone a chiamare via radio il fratello Alessandro, che poi mi ha chiamato al telefono. ‘Aiutateci, i libici ci hanno sequestrato e ci stanno costringendo a dirigerci verso il porto di Bengasi…”.
Da quel momento sono trascorsi 108 giorni lunghissimi per i familiari dei pescatori, che sono riusciti a sentire solo una volta per telefono i loro cari: “Siamo in una palazzina vicina al porto, stiamo tutti bene. State tranquilli torneremo presto”.
Ieri, infine, la notizia tanto attesa e quelle poche battute scambiate per telefono dal figlio con “nonna” Rosetta, la più anziana tra le madri in attesa: “Ce l’abbiamo fatta, ce l’abbiamo fatta!”, ripete la donna tra le lacrime.
“Mio figlio e tutti gli altri pescatori stanno tornando. Ringrazio tutti: Conte, Di Maio, il sindaco, il vescovo, i giornalisti. Non ho parole per riuscire a esprimere tutta la felicità di una mamma che finalmente può riabbracciare suo figlio”.
L’amicizia con il ministro mazarese Bonafede
Una felicità condivisa da tutte le madri, mogli e figlie dei pescatori che finalmente, come ripetono in coro, potranno trascorrere il Natale con i loro uomini.
“È una vicenda che mai avrei voluto vivere piena di paura e angoscia, sentimenti condivisi con tutti i familiari”, ha commentato commosso Marco Marrone dopo avere concluso la telefonata con il comandante.
“Ho saputo che stavano per rilasciarli dal ministro Alfonso Bonafede ( di Mazara del Vallo ndr) con il quale sono legato da una profonda amicizia. È stato lui a chiamarmi comunicandomi che il premier Conte e il ministro Di Maio erano già a Bengasi”.
Poi il tam tam delle notizie, le foto dei pescatori liberi e il pianto liberatorio: “Ora non vedo l’ora di riabbracciarli”, ha detto, prima di ricevere, all’una di notte, la telefonata di conferma dal capitano della sua imbarcazione: “Siamo partiti, torniamo a casa…”