Quando cala il sipario sulla kermesse veneziana, rimane sempre una risonanza che va al di là dei riconoscimenti. Quest’anno, tale risonanza porta con sé un insieme di stupore, tenerezza e meditazione, poiché il Leone d’Oro è stato assegnato a Father, Mother, Sister and Brother di Jim Jarmusch, un’opera che non eccede nei toni ma penetra a fondo. Tre vicende connesse tra loro tra Stati Uniti, Dublino e Parigi che, con apparente semplicità, narrano i gangli familiari, i legami celati che sorreggono o consumano un’esistenza. Sul palco, Jarmusch ha espresso la propria gratitudine a Venezia con umorismo e affabilità, rammentando che l’arte non necessita di urlare per avere un significato politico: “l’empatia è di per sé un gesto di ribellione”. Parole che hanno fatto palpitare la Sala Grande, quasi un manifesto per questa edizione.
Le previsioni della vigilia e le aspettative
Eppure molti si attendevano un altro verdetto. The Voice of Hind Rajab, il film di Kaouther Ben Hania che ripercorre la telefonata straziante di una bambina bloccata sotto i bombardamenti a Gaza, era dato per favorito. La sua proiezione ha toccato le corde emotive e generato dibattiti, dentro e fuori dalla manifestazione, anche grazie al corteo pro-Palestina che ha sfilato al Lido nei giorni scorsi. Alla fine, il film si è aggiudicato il Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria, e Ben Hania, ricevendo il premio, lo ha dedicato alle vittime del conflitto, trasformando la cerimonia in un momento di memoria condivisa. Forse non ha trionfato nel massimo riconoscimento, ma resterà uno dei titoli simbolo di Venezia 82.
I riconoscimenti italiani
L’Italia ha fatto sentire la propria voce con Gianfranco Rosi, che con Sotto le nuvole ha conquistato il Premio Speciale della Giuria. Il suo punto di vista sul Vesuvio e sulle vite che lo popolano è al contempo poetico e politico, una cronaca precisa che diventa universale. Non a caso, accanto a lui, un altro gigante come Paolo Sorrentino ha permesso a Toni Servillo di aggiudicarsi la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile in La grazia. Servillo ha dato prova di quella recitazione che si alimenta di silenzi e di pause, più che di gesti eclatanti, lasciando che fosse lo sguardo a esprimere il potere e le sue ambiguità.
Altri verdetti
Al femminile, il premio è andato a Xin Zhilei per The Sun Rises on Us All, che ha commosso con un personaggio fragile e tenace al tempo stesso, dimostrando come Venezia sappia ancora lanciare volti e voci nuove nel panorama internazionale.
Assegnando il Leone d’Argento per la regia a Benny Safdie, grazie a The Smashing Machine, si è celebrato un tipo di cinema fisico e intenso, dove persino Dwayne Johnson ha abbandonato la sua immagine di star per mostrare l’uomo dietro il personaggio. Un chiaro messaggio: alla Mostra si premia chi ha il coraggio di rinnovarsi.
Oltre a questi riconoscimenti, non sono mancati premi per la sceneggiatura e la visione. La miglior sceneggiatura, attribuita a Valérie Donzelli e Gilles Marchand per À pied d’œuvre, ha evidenziato l’importanza di storie costruite con una precisione incredibile, mentre il Premio Mastroianni a Luna Wedler per Silent Friend ha messo in risalto un talento giovane ma già affermato.
Spazio anche alle nuove tendenze con la sezione Orizzonti, un vero e proprio laboratorio del festival. Qui ha vinto En el camino del messicano David Pablos, un road movie intimo e sorprendente.
La miglior regia è stata assegnata ad Anuparna Roy per Songs of Forgotten Trees, un’opera prima che mescola ricordi e paesaggi interiori, mentre l’Italia ha brillato con Benedetta Porcaroli, premiata come miglior attrice in Il rapimento di Arabella, e con Giacomo Covi, miglior attore per Un anno di scuola. Segnali di un cinema giovane, curioso, internazionale ma allo stesso tempo legato alla realtà dei suoi autori.
L’altra Venezia…
Ma Venezia non è solo competizione. È anche una passerella e un racconto parallelo fatto di moda e spettacolo. Sul tappeto rosso si sono susseguiti look sofisticati e dichiarazioni di stile: abiti scultorei, velluti sontuosi, trasparenze audaci. Armani, Valentino e Gucci hanno catturato l’attenzione, confermando il festival come un palcoscenico che unisce cinema e alta moda. E non sono mancati momenti di musica e leggerezza, essenziali per alleggerire la tensione della gara. Questa edizione ha ribadito ancora una volta l’importanza della Mostra per l’Italia e per il mondo: è il vero punto di partenza verso la stagione degli Oscar, ma è anche un mercato, un luogo di incontri professionali, di nuove collaborazioni e di idee che nascono tra una proiezione e l’altra. Venezia ha confermato che il cinema non è solo divertimento, ma uno strumento per interpretare la realtà, anche nelle sue ferite più profonde.
Dal grido di Gaza al silenzio intenso di Jarmusch, passando per l’eleganza barocca di Sorrentino, l’edizione 82 rimarrà come un insieme di immagini e voci che hanno raccontato il nostro presente. E alla fine, questo è il vero significato del Leone: premiare chi sa trasformare lo schermo in uno specchio del mondo.

