Cinema, "Light of my life" arriva nelle sale - QdS

Cinema, “Light of my life” arriva nelle sale

Francesco Torre

Cinema, “Light of my life” arriva nelle sale

giovedì 28 Novembre 2019

Scritto e diretto da Casey Affleck, che interpreta pure il ruolo principale, narra di un mondo in cui una misteriosa malattia ha quasi sterminato la popolazione femminile, con conseguente brutalizzazione dei sopravvissuti

LIGHT OF MY LIFE
Regia di Casey Affleck. Con Casey Affleck (papà), Anna Pniowsky (Rag), Elisabeth Moss (mamma)
Usa 2019, 119’.
Distribuzione: Notorius Pictures

Scritto e diretto da Casey Affleck, che pure interpreta il ruolo principale, il film prende spunto da una premessa distopica: in un futuro non troppo lontano una misteriosa malattia ha sterminato quasi del tutto la popolazione femminile, con conseguente brutalizzazione degli uomini sopravvissuti. In questo quadro, che sembra originalissimo ma in realtà rimanda ad altre esperienze letterarie e cinematografiche (per esempio, “I figli degli uomini” di Cuaron), un padre cerca di mettere in salvo la figlia undicenne vivendo nei boschi, lontano da occhi indiscreti, costringendola a fingersi maschio nei rari incontri con altri uomini. Inutile dire che tale muro di protezione comincerà presto a cedere…

Encomiabile il lavoro fatto da Affleck sul proprio personaggio, in termini di regia e interpretazione. In maniera archetipica (il suo papà non ha nemmeno un nome proprio), porta nel film energia e malinconia, tutto il peso cioè di una responsabilità (quella filiale) che qui si palesa anche – al di fuori di ogni metafora – come lotta per la sopravvivenza.

Il film vive di questa soave tristezza, se ne nutre e ne rigenera continuamente la fecondità narrativa nel contrappunto con il personaggio della figlia, curiosa e poco contenuta, in cerca di indipendenza.

Interessante anche l’apporto scenografico e la scelta delle locations. Affleck riprende senza enfasi un mondo in frantumi, ancora maestoso negli incredibili scenari naturali ma desolato nei luoghi una volta antropizzati.

Il tono del racconto è uniforme. Una cifra stilistica di coerenza ma che sconta nella durata complessiva del film una fruibilità frammentata, impedita a tratti da un filtro di rigore trascendentale e intento moralistico/sociologico (di cui si nutre anche gran parte della letteratura e degli studi filosofici americani, a partire da Thoreau) che bloccano il livello di empatia coi protagonisti.

Voto: ☺☺☺☻☻

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