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L’integrità morale dei manager di domani

L’integrità morale dei manager di domani

Molti dei grandi ceo degli ultimi venti anni non sono manager

continua dal QdS dell’9/7/2025

Bisogna riprendere il discorso dalle fondamenta, quelle poste dai veri pensatori di management, come Cotrugli, come Peter Drucker che, oltre cinquant’anni fa, concludeva uno dei suoi grandi testi di management con queste parole, dedicate ai dirigenti di domani: “L’istruzione intellettuale non sarà sufficiente, da sola, a fornire a un dirigente i mezzi necessari per far fronte ai compiti che lo attendono nel futuro. Il successo del dirigente di domani sarà sempre più strettamente connesso con la sua integrità morale. Infatti la sua influenza su coloro che lavoreranno con lui in un’azienda sarà così decisiva che il dirigente dovrà basare la sua condotta su rigidi principi morali anziché su espedienti. Le decisioni di un dirigente avranno una portata tale sull’economia che la società stessa lo riterrà responsabile. I compiti nuovi che attendono il dirigente del futuro, esigono che questi fondi ogni sua decisione su solidi principi morali e che la sua guida non sia ispirata solo dalle sue conoscenze specifiche ma anche dalla sua capacità di visione, dal suo coraggio, dal suo senso di responsabilità e dalla sua integrità morale. Indipendentemente dall’istruzione ricevuta da giovane o da adulto, in futuro, come già per il passato, né l’istruzione né l’abilità individuale costituiranno le caratteristiche decisive per un dirigente: egli dovrà possedere soprattutto l’integrità di carattere”.

Se questo è vero, bisogna avere il coraggio di dire che molti dei grandi ceo che hanno caratterizzato il modello dominante degli ultimi venti anni e che ci hanno portato alla crisi non sono manager, ma palloni gonfiati e molti di loro abili nel furto con destrezza e forti del loro cinismo e dell’uso spregiudicato della violenza bianca. Essi sono, antropologicamente, totalmente diversi dagli imprenditori di cui parlano Cotrugli, i suoi predecessori e pensatori veri come Drucker. Per questo dobbiamo riprendere consapevolezza e orgoglio delle nostre radici, della nostra scuola, del nostro pensiero economico e aziendale prendendo le distanze dai micidiali modelli americani che, negli ultimi cinquant’anni, abbiamo rifilato a tanti nostri studenti, danneggiandoli.

Al termine del primo viaggio negli Stati Uniti, il giovanissimo Adriano Olivetti, affascinato dal modello americano, fece però due osservazioni sullo stesso che sono più vere oggi che allora. In America: “Vi è uno strapotere finanziario” (e oggi è molto peggio che allora). Ma ancora più acuta è un’altra osservazione critica: “In quasi tutte le grandi aziende i migliori elementi tecnici sono ingegneri svedesi, tedeschi, francesi, russi o italiani. L’educazione americana tecnica è troppo specializzata ed è ottima per i ranghi inferiori e pessima per i direttivi”.

continua…