Luglio 2023: il governo della Regione Sicilia stanzia circa 50 milioni di euro per ridurre l’emergenza liste d’attesa in tema sanitario attraverso un Piano operativo regionale. Nella sede di palazzo d’Orleans, in concomitanza con la firma sul documento, il presidente della Regione Renato Schifani conferma che “l’azzeramento delle liste d’attesa è uno dei capisaldi del mio programma di governo, per quanto attiene alla sanità. Superata la fase dello sfoltimento, proseguiremo con un sistema più efficiente per le prenotazioni e le erogazioni, per garantire ai siciliani l’inalienabile diritto alla tutela della salute e soprattutto in tempi ragionevoli”.
Ad appena quattro mesi di distanza, da Palermo si accorgono che i fondi non bastano. L’Ars stringe così un accordo con i privati convenzionati e ne stanzia ulteriori 11,3 milioni oltre a 6,5 milioni da destinare alle varie ASP con lo stesso intento. Arriviamo a maggio 2024: le liste d’attesa diminuiscono, ma il processo va troppo a rilento. Il governo regionale prevede dunque ulteriori 8 milioni di euro stipulando un accordo con i privati convenzionati. Alcune ASP, come quella di Messina, sfruttano i fondi ricevuti per garantire i servizi anche durante il weekend.
Nel frattempo diventano definitive anche le nomine dei manager delle Aziende Sanitarie Provinciali, con il presidente Schifani perentorio: chi non sarà all’altezza di raggiungere gli obiettivi, sarà rimosso e costretto a rimettere il proprio mandato da direttore generale. Manager che sono però costretti a operare a mezzo servizio e con la spada di Damocle delle liste d’attesa pronta a inficiarne il risultato.
L’accordo di maggio scorso prevede una somma complessiva di 310 milioni di euro, da distribuire alle varie branche (dai laboratori di analisi alla fisiokinesiterapia, dalla cardiologia alla radiodiagnostica e alle altre specialistiche) e per provincia, con un aumento di ben 12 milioni di euro rispetto al precedente anno. In aggiunta, sempre nel maggio del 2024, vengono definiti i fabbisogni specifici di radioterapia (35 milioni) e nefrologia (102 milioni). Alle singole strutture è destinato un budget per il 2024 pari al 90 per cento della produzione media 2022/2023.
Nonostante la mole di investimenti dell’Assessorato alla Sanità, le cose non vanno per il verso giusto. La tanto attesa riduzione delle liste d’attesa non si concretizza e anzi si prospettano nuovi tagli per il comparto, anche per via della spending review voluta dal governo Meloni che prevede una riduzione dei posti letto nell’Isola: via 808 posti di terapia intensiva (-23%) e 995 di terapia sub intensiva (-24%), con dati elaborati dalla Fondazione Gimbe.
Un piano politico chiaro, quello del governo di Giorgia Meloni, spinto a gonfie vele verso la privatizzazione delle principali prestazioni erogate dal servizio sanitario nazionale. Tutto cristallizzato nel quadro di una regione, la Sicilia, nella quale sono presenti meno posti letto rispetto al resto d’Italia, meno infermieri, meno medici, un tasso di emigrazione sanitaria in altre regioni del 6,2% e che, secondo le stime della CGIL, costa ai circa 177 milioni di euro. Così a metà gennaio si dimette Giovanna Volo; al suo posto subentra Daniela Faraoni in qualità di nuovo assessore regionale alla Salute.
Nel frattempo anche il governo nazionale si era impegnato nella riduzione delle liste d’attesa, con l’attuazione delle riforme previste dalla Legge 107/2024. Ma secondo il report della Fondazione Gimbe aggiornato al 29 gennaio 2025, molti decreti attuativi essenziali per migliorare l’efficienza del sistema sanitario non sono stati ancora adottati. Tradotto: pur essendoci le misure da prendere in considerazione, le riforme non vengono recepite e le liste d’attesa continuano ad aumentare tanto in Sicilia quanto nel resto del Paese.
Uno scenario critico che influisce direttamente sulla qualità dell’assistenza, con particolare impatto sulle liste d’attesa, la gestione delle prenotazioni e il potenziamento dei servizi sanitari territoriali. Molte di queste problematiche avrebbero dovuto trovare una risoluzione nell’implementazione della Piattaforma nazionale. Ma che fine ha fatto?
Liste d’attesa: ritardi nell’implementazione della Piattaforma nazionale
Uno degli aspetti più critici nella mancata attuazione delle riforme riguarda la Piattaforma nazionale delle liste d’attesa. Il decreto attuativo che stabilisce criteri di realizzazione, funzionamento e interoperabilità tra la piattaforma nazionale e quelle regionali, di competenza del Ministero della Salute, avrebbe dovuto essere adottato entro il 30 settembre 2024.
A distanza di cinque mesi, tutto risulta ancora in stand-by. Un altro decreto, relativo alle modalità operative della piattaforma in coerenza con il Modello Nazionale di Classificazione e Stratificazione della popolazione, previsto per il 31 agosto 2024, è stato invece adottato con due mesi di ritardo.
Assistenza sanitaria: mancano i controlli e le procedure sostitutive
L’Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria, che dovrebbe garantire trasparenza ed efficienza nel sistema, è ancora privo di strumenti operativi. Il decreto attuativo che ne definisce le modalità e procedure, di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, avrebbe dovuto essere approvato entro il 31 agosto 2024. Anche questo, però, non è ancora stato adottato.
Prenotazioni sanitarie: il nuovo sistema resta sulla carta
Un’altra criticità riguarda il sistema di prenotazione delle prestazioni sanitarie. Il comma 5 dell’Articolo 3 della Legge 107/2024 prevede l’adozione di linee di indirizzo nazionali per la gestione delle disdette e l’ottimizzazione delle agende di prenotazione. Le visite specialistiche possono essere effettuate anche nei giorni di sabato e domenica, con la possibilità di prolungare la fascia oraria.
A distanza di cinque mesi, il Ministero della Salute non ha ancora definito i termini per l’adozione del decreto attuativo. Nel frattempo è però stata prevista una riduzione al 15% del prelievo tributario sugli straordinari del personale sanitario impegnato nei piani di riduzione delle liste d’attesa così da incentivare i lavoratori, giù usurati per i doppi turni ai quali sono costretti nella regolarità di servizio, a coprire anche altri straordinari.
Personale sanitario: ancora nessuna metodologia per il fabbisogno
Si arriva così all’ancestrale tema della carenza di personale sanitario. Il comma 2 dell’articolo 5 prevede l’adozione di una metodologia per la definizione del fabbisogno di personale per gli enti del Servizio Sanitario Nazionale. Questo decreto, che coinvolge sia il Ministero della Salute che il Ministero dell’Economia e delle Finanze, non prevede ancora termini definiti per la sua approvazione. Anche qui con ritardi che gravano sulla possibilità di implementazione di personale interno alle aziende sanitarie. E con il rischio, soprattutto per la Sicilia, che continui a proliferare il florido sistema delle cooperative.
Dipartimenti di salute mentale: misure attese per il potenziamento
Altra nota dolente appartiene al piano d’azione per il rafforzamento dell’offerta assistenziale e il miglioramento dei servizi sanitari territoriali, con particolare riferimento ai Dipartimenti di salute mentale, che avrebbe dovuto essere adottato entro il 30 settembre 2024. Anche in questo caso, nessuna buona nuova, con un ritardo che mette a rischio l’attuazione delle misure previste dal Programma nazionale equità nella salute 2021-2027.
Il report della Fondazione Gimbe evidenzia una situazione preoccupante per la sanità italiana e, in particolare, per la Sicilia, dove i ritardi nell’attuazione dei decreti attuativi impediscono un reale miglioramento dell’efficienza del sistema sanitario. La mancata adozione di misure fondamentali rischia di prolungare le liste d’attesa, rallentare le assunzioni di personale e compromettere il potenziamento dell’assistenza territoriale.
CGIL, il segretario Mannino: “Un mese e mezzo di tempo al nuovo assessore per intervenire”
L’accelerazione in termini di assistenza territoriale tarda ad arrivare, così come racconta in esclusiva ai microfoni del Quotidiano di Sicilia Alfio Mannino, numero uno della CGIL in Sicilia.
“La sanità siciliana ha bisogno di un cambio di passo e un segnale di discontinuità rispetto al precedente assessorato. Non si è dato nessun tipo di risposta strutturale ai problemi dell’Isola, né si è pensato al rafforzamento degli organici – spiega Mannino – Abbiamo avuto soltanto una pulitura delle richieste doppione, una sistemazione delle liste d’attesa, ma non una seria risposta a quei cittadini che continuano ad attendere mesi se non anni per visite specialistiche”.
Per la CGIL il problema è determinato dalla mancata adozione della riforma, come evidenziato anche dalla Fondazione Gimbe. Tra le soluzioni che il sindacato mette in campo, “un rafforzamento dei CUP e la realizzazione di un super CUP regionale che possa smistare le visite in maniera omogenea e più rapida”.
Ad oggi, secondo le piante organiche delle singole aziende sanitarie, “mancano all’appello 18.400 unità. Di queste, il 40% appartiene a personale diviso tra medici e infermieri. E stiamo parlando di una carenza soltanto a livello regionale. Per questo abbiamo concesso, come ci sembrava corretto fare, un mese e mezzo di tempo all’assessore Faraone che si è appena insediata”. Ma la CGIL resta sul piede di guerra. “Se le misure adottate non saranno in controtendenza con quanto fatto dalla Volo e non ci sarà chiarezza sui vuoti in organico, non solo non accetteremo di affrontare il tema delle nuove case della salute, ma siamo pronti a scendere in piazza per uno sciopero generale. Stiamo anche ragionando su una legge di iniziativa popolare volta ad aggredire le criticità del nostro apparato sanitario”, ha concluso il segretario Mannino.

