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Lo chiamavan Draghi

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Lo chiamavan Draghi

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martedì 09 Febbraio 2021

Così lo chiamavano il Cerutti Gino gli amici del bar del Giambellino. Mitica canzone del cantautore che sfotteva il potere politico, Il grande Gaber.

Allora la politica era potere vero, di quello acido, e lui lo irrideva.
Poi morta la prima Repubblica, e morto lui, ci siamo dovuti accontentare dei comici scoperti da Pippo Baudo.

Ora tutti a raccontare un episodio in cui hanno conosciuto Supermario, in una riunione della 15/18, intesa come prima guerra mondiale, un raduno di ex alunni dei gesuiti, una mail in cui erano messi in copia spedita ai tempi del suo periodo da direttore del tesoro.

Io non l’ho conosciuto ve lo ammetto con animo imbarazzato. Solo una volta un cameriere al De Russie portò a me il conto del suo tavolino e mi toccò pagare per errore i suoi drink presi con due noti personaggi, Bernabè e Schroeder, l’ex cancelliere tedesco.

Io ero nel tavolino accanto e cercavo di capire cosa si dicevano ma non capii una beata.
Ora che vi confesso la mia inutilità al potere cerco di spiegarmi cosa farà Draghi.

Farà ciò che sa fare, investire il denaro. Pertanto terrà per sé tutti i ministeri in cui verranno spesi i soldi europei. E metterà nei ministeri a perdere tempo dei politici di secondo piano, o forse terzo, visto che quelli di secondo piano sono alla guida dei partiti italiani.

Tutto ciò per rappresentare una sceneggiatura democratica e per non distrarsi nei primi mesi che sono cruciali.

Punterà su istruzione e giustizia, su giovani e donne, le categorie giustamente privilegiate dalla Next Generation Ue.

E lascerà ai maschietti in declino di idee e testosterone il gioco della legge elettorale per assegnarsi i prossimi banchi, forse a rotelle, su cui sedersi.

Intanto in un anno di Draghi il Paese risparmierà un botto di miliardi di interessi sul debito e probabilmente emetterà bon pluriennali per ristrutturarlo.

Nel frattempo, come diceva Gaber, io quasi quasi mi faccio uno shampoo.

Gatto Silvestro

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