Come ha vissuto la pandemia?
“In un certo senso è stata una prigione, ma ho fatto tutto quella che avrei dovuto fare se non ci fosse stata. Ho la fortuna di avere un locale donato da mio padre e che ho trasformato a 17 anni in palestra. Lì ho tutto ed è il luogo dove mi alleno tuttora e dove vado a qualsiasi ora, senza vincoli.
L’unica cosa che non mi va giù della pandemia è che le paralimpiadi si sono svolte un anno dopo e a 50 anni un anno in più o in meno fa”.
L’unica costante della sua vita è sempre stato lo sport. Qual è il messaggio forte che le dà lo sport in ogni momento?
“Con lo sport mi sono fermato solo dopo che ho avuto l’incidente, ma poi c’è sempre stato. Lo pratico soprattutto per benessere fisico e mentale. Mi dà l’energia per affrontare il quotidiano. Non so se senza lo sport, sarei arrivato ai vari traguardi di vita. Lo sport è stato una cura per la mente. A 19 anni ritrovarsi senza l’uso delle mani e delle gambe, per me che ero già uno sportivo e praticavo molti sport, l’impatto è stato duro. La rabbia si è trasformata in qualcosa di positivo. Devo dire grazie allo sport se sono ancora qui”.
Dal nuoto all’handbike con tutto ciò che comporta il passaggio…
“Questi due sport hanno in comune la fatica e il benessere fisico dopo la fatica. Quando praticavo nuoto, allo stesso tempo lavoravo perché anni fa i disabili facendo sport non riuscivano a sostenersi economicamente.
A differenza del nuoto, il ciclismo è uno sport di resistenza. Con l’avanzare dell’età puoi ancora essere vincente. Sono due sport opposti. Nel nuoto manca il mezzo meccanico ossia l’handbike da dover adeguare alla propria condizione fisica. Vi è stato un lavoro metodico. Passare al ciclismo è stato davvero difficile: una resilienza in una resilienza. È stata una scommessa in tutto e per tutto”.
Luca, il suo palmarès racconta di un campione che ha vinto di tutto, ma non gli viene riconosciuta l’attenzione che merita e quindi trovare sponsor è difficile. Come la vive?
“Chi mi sta accanto si rende conto di questo e me lo fa notare. Di certo, la visibilità mediatica ti fa avere gli sponsor che sono necessari per sostenere a livello economico la preparazione di un atleta a questi livelli.
Il mio sponsor storico è di Terlizzi, un’azienda florovivaistica, il cui proprietario ha deciso di sovvenzionarmi perché sono da stimolo per i suoi collaboratori. Le handbike e i suoi componeenti si evolvono anno dopo anno, oltre la manutenzione, per essere al passo ed essere competitivi devi investire. Ringrazio anche la mia associazione che mi aiuta in questo.
Nonostante sia quello che abbia vinto di più nella mia disciplina, i media nominano le solite persone. Non so darmi spiegazione.
Ho apprezzato però che quest’anno la staffetta team relay è stata mandata in onda per intero. La gente si è resa conto degli sforzi che facciamo noi handbiker e si è emozionata. Io lo dico da tanto tempo che questo sport è uno spettacolo. Finite le Paralimpiadi, torneremo di nuovo nell’oblìo. Ne son sicuro”.
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